XXV edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli: svelate le date di maggio e i 25 luoghi

sabato 11 e domenica 12 maggio le architetture fortificate protagoniste in tutta Italia

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18-01-2024
categorie: Architettura, Arte, Non profit,

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XXV edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli: svelate le date di maggio e i 25 luoghi

sabato 11 e domenica 12 maggio le architetture fortificate protagoniste in tutta Italia

L’Istituto Italiano Castelli, Onlus a carattere scientifico fondata da Piero Gazzola nel 1964, annuncia le date e le 25 destinazioni della XXV edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli. Nel weekend dell’11 e 12 maggio 2024, visite guidate gratuite, conferenze, concerti, mostre, presentazioni di tesi di laurea e libri in 10 castelli, 1 torre, 1 casaforte, 8 tra città e borghi, 4 forti che hanno trovato una nuova vita.

In questa venticinquesima edizione, aperti per la prima volta alle visite del pubblico due siti: il Bastione di Santa Maria all’interno dello splendido borgo e fortezza medicea di Terra del Sole (Emilia Romagna) e un forte del sistema difensivo del Nord Sardegna. Numerose le architetture fortificate di cui si illustrano i recenti restauri.

 

Online sul nuovo sito della onlus http://www.istitutoitalianocastelli.it itinerari culturali appositamente ideati dagli studiosi della onlus e ulteriori architetture fortificate che completeranno il già ricchissimo parterre di visite guidate oltre ad aperture straordinarie prima e dopo il weekend deputato alle Giornate Nazionali dei Castelli 2024. 

Tutto l’anno i follower che seguono online i canali social nazionali e regionali di IIC, apprendono delle tante iniziative (tra corsi, viaggi e conferenze) e di nuove idee di visita grazie alla seguita rubrica ‘un castello al giorno’ che permette di programmare quale castello scoprire in autonomia sia in Italia che all’estero in ogni momento.

 

Il 2024 reca un anniversario speciale per questa iniziativa corale che unisce il paese senza distinzione tra grandi attrattori culturali turistici e territori meno noti: la Onlus compie 60 anni di attività e la speciale ricorrenza darà vita ad un altro calendario di eventi in tutte le regioni italiane dove l’Istituto ha una sede sin dalla sua nascita.

 

Le Giornate Nazionali dei Castelli offrono visite ideate ed organizzate dai volontari da nord a sud della penisola, isole comprese - per rilanciare lo studio, il valore ed il riutilizzo delle architetture fortificate italiane in ogni stato di conservazione che ogni anno, da 25 edizioni, conquista sempre più appassionati e turisti, studiosi e studenti che possono contestualizzare le architetture e la loro storia nel paesaggio e nella comunità territoriale a cui appartengono da secoli e per la quale potrebbero essere volano di una seconda opportunità di rilancio.

 

‘L’anno scorso siamo tornati ad offrire agli italiani ed ai turisti le Giornate Nazionali dei Castelli nella tradizionale data di maggio.

Abbiamo pensato di espandere le visite con siti collaterali e numerosi itinerari turistici a piedi che famiglie e turisti hanno molto gradito negli anni precedenti e riconfermato nuovamente di gradire.’ afferma l’imprenditrice siciliana Michaela Marullo Stagno D’Alcontres, presidente della Onlus organizzatrice. 

‘Abbiamo inoltre, con grandissimo sforzo di tutti i nostri volontari, riaperto gli stessi siti ed altri in una seconda data delle Giornate a settembre, in concomitanza con le Giornate Europee del Patrimonio che ci ha concesso di raddoppiare il numero di visitatori in ogni sede interessata. Anche quest’anno raddoppieremo la data, sempre fiduciosi di poter contare, per la buona riuscita delle Giornate, sulla collaborazione delle amministrazioni locali, delle università, delle soprintendenze, dei mezzi di comunicazione e di tutte le associazioni con le quali abbiamo accordi nazionali tra cui l’ASI, l’UNPLI e molte altre.’

 

‘Quest’anno ricorre per noi un appuntamento importante oltre al venticinquesimo anniversario delle Giornate: l’Istituto Italiano dei Castelli, fondato a Milano da Piero Gazzola nel 1964, compie 60 anni di attività. Lo stesso anno, lo studioso e sovrintendente italiano scrisse la Carta Internazionale del Restauro dei Monumenti, nota anche come Carta di Venezia, di cui ricorre del pari l’anniversario. Le celebrazioni per festeggiare il 60mo anniversario dell’Istituto saranno a cura delle singole sezioni regionali e si organizzeranno in coincidenza con le Giornate Nazionali. Ad ottobre, a Roma, un convegno nazionale ospitato alla Sala Spadolini del MIC vedrà la partecipazione delle istituzioni nazionali; il giorno successivo un seminario di studi, a Castel Sant’Angelo, opererà una sintesi del lavoro svolto dalla sezioni per progettare azioni future condivise.

Il nostro sodalizio è stato il primo in Italia e tra i primi in Europa ad occuparsi dello studio, della salvaguardia e del riuso delle architetture fortificate: continua ancora nella sua missione originaria, con particolare attenzione alle giovani generazioni.

La nostra Onlus è presente in 19 regioni italiane che tutto l’anno danno vita ad un fitto calendario di appuntamenti culturali destinato ai soci ed ai non soci: convegni scientifici e di aggiornamento professionale, conversazioni, viaggi di studio, mostre, presentazione di libri e pubblicazioni, corsi e approfondimenti sulle architetture fortificate. Contribuire alla vita associativa del nostro istituto si traduce in maggior tutela per il nostro patrimonio culturale, spesso trascurato.’

 

I castelli italiani sono un tesoro composto di storia, di geografie sociali, di gesta di donne e uomini che nei secoli hanno animato, popolato e guidato territori, economie, grazie alla cultura del saper fare italiano. Salvaguardare i castelli non è solo materia di architettura, restauro, filologia ed alto artigianato ma un coacervo di azioni che riportano in luce siti spesso dimenticati ma legati indissolubilmente a città e borghi, vallate e belvederi. Un progetto adeguato di valorizzazione del patrimonio castellano consentirà alle generazioni future di ritrovare i segni tangibili della storia. Inoltre, il turismo castellano sarebbe capace di muovere grandi interessi e di risvegliare anche le aree più interne delle nostre regioni rivalutando l’economia e le risorse locali

 

Il nostro impegno nello studio, nel censimento e nella salvaguardia di forti, torri, bastioni e cinte murarie, di piccoli e grandi castelli in ogni stato di conservazione si protende soprattutto verso i giovani. Ne sono testimonianza le tante iniziative dell'Istituto per facilitare la loro partecipazione attiva, a cominciare dalla fondazione delle locali sezioni 'Giovani' in tutte le regioni italiane; i concorsi fotografici per le scuole secondarie; i premi di laurea che da oltre 20 edizioni confermano una borsa di studio in denaro e la pubblicazione dell’elaborato, primo passo importante per una futura attività di ricerca scientifica. E da ultimo, la pubblicazione online, georeferenziata e open source dell’Atlante Castellano, il censimento in itinere a cura del nostro Consiglio Scientifico.

 

Le Giornate Nazionali dei Castelli che quest’anno sono giunte alla XXV edizione, sono sicuramente uno strumento indispensabile e di grandissima potenzialità per la crescita dell’associazione. Lo stesso dicasi per le attività scientifiche, per le varie pubblicazioni, tra cui le riviste Castellum e Cronache Castellane, la collana editoriale Castella.’ conclude la Presidente Stagno d’Alcontres.

 

L’Abruzzo, una delle regioni più ricche di architetture fortificate d’Italia celebra ancora Vasto con una passeggiata guidata alle mura cittadine l’intera giornata di domenica 12 maggio.

La cinta muraria cittadina si ricollegava al castello Caldoresco tramite la porta Castello, non più presente. Parte delle mura furono stravolte nel XX secolo con l'aggiunta di abitazioni e la realizzazione nel lato sud dello spiazzo di largo Guglielmo Marconi: saranno illustrati durante la visita la Torre di Bassano, Porta Catena, la Torre di Diomede e quella di Santo Spirito, Porta Nuova e la Chiesa di Santa Maria Maggiore (XI sec.), il Duomo di Vasto. Dopo pranzo, visita a Palazzo d’Avalos ed una speciale passeggiata archeologica su via Adriatica che include la chiesa di San Pietro ed il complesso termale di Vasto, l’antica Histonium, il più esteso su tutta la fascia costiera adriatica dell’Italia centro-meridionale.

 

La Basilicata apre alle visite guidate sia sabato 11 che domenica 12 maggio il castello Tramontano (Matera). Di stile aragonese e inerpicato sulla collina di Lapilli che sovrasta la città, sarà anche sede di un convegno aperto al pubblico che celebra i 60 anni dell'Istituto. Rimasto incompiuto per una congiura popolare ai danni del feudatario da cui prese il nome, il castello è oggetto di restauro con i proventi del Gioco del Lotto dal 2008.

Il Castello Tramontano di Matera è strettamente legato alle vicende del conte Giancarlo Tramontano, ambizioso e per certi versi spregiudicato uomo d’affari di origini campane, tanto abile da conseguire diversi e importanti uffici del Regno di Napoli fino a diventare un affermato barone e, successivamente, conte di Matera, città acquisita insieme al titolo comitale nell’ultimo decennio del XV secolo anche grazie alla vicinanza di Tramontano alla corona aragonese. Proprio quando il predominio spagnolo sui francesi nel Regno di Napoli fu consolidato, il conte avviò l’edificazione del nuovo castello a Matera. I rapporti con i materani non furono mai idilliaci, anche a causa di una politica fiscale ritenuta vessatoria dai cittadini, tanto da portare alcuni studiosi a definire il Castello Tramontano una fortificazione contro la città piuttosto che per essa. Il sito prescelto, la collina di Lapillo, è non a caso esterno rispetto alla Civita e, dunque, al centro cittadino e al polo religioso della cattedrale e dell’annesso palazzo arcivescovile; tale scelta dovette apparire una dichiarazione d’intenti, dal momento che l’antica fortezza della città, il Castelvecchio, era diruta già da diversi decenni e, pur essendo stata parzialmente occupata, la sua area si sarebbe prestata alla realizzazione di un nuovo maniero decisamente più vicino al centro della città. I lavori di realizzazione del Castello Tramontano ebbero inizio fra il 1501 e il 1503, molto probabilmente sotto la direzione di Antonio Marchesi, già collaboratore di Francesco di Giorgio Martini negli anni in cui quest’ultimo fu dapprima consulente e successivamente direttore delle regie opere del Regno di Napoli per conto di Alfonso e Federico d’Aragona. L’impianto materano è stato spesso associato ad alcuni studi martiniani per le fortificazioni, in particolare al disegno del foglio 73r dell’Opusculum de Architectura che mostra un complesso sistema di torrioni circolari e bastioni semicircolari in parte connessi con un nucleo interno, anch’esso della stessa forma. Tale struttura recepiva gli avanzamenti in tema di architettura militare: le fortificazioni, infatti, avrebbero avuto muri relativamente più bassi e molto più spessi per resistere ai colpi delle bombarde. Tuttavia, le artiglierie campali utilizzate dai francesi già sul finire del Quattrocento misero in luce l’inadeguatezza di strutture così ampie e, proprio per questo, facilmente attaccabili. Il Castello Tramontano, d’altronde, rappresenta una sintesi architettonica fra modelli differenti di fortificazioni e propone soluzioni insieme vecchie e nuove nella risposta agli attacchi militari. Esso si erge ancora oggi imponente sulla città, più bassa e poco distante, ma mostra chiaramente il suo status di grande incompiuto: il conte Tramontano fu infatti assassinato dai materani nel dicembre del 1514.

 

La Calabria celebra Vibo Valentia, il cui castello si presenta restaurato. Il convegno per celebrare i 60 anni dell’Istituto Italiano Castelli sui temi della valorizzazione e del futuro delle architetture fortificate si svolge sabato 11 maggio dalle 10 alle 17 con la partecipazione di studiosi, delle istituzioni nazionali, regionali e cittadine mentre domenica 12 maggio si svolgono le visite guidate al Castello.

ll castello sorge dove in età greca era probabilmente ubicata l'Acropoli di Hipponion, che forse si estendeva anche sulla collina dirimpetto. La prima fase di costruzione della fortificazione risale al periodo Svevo. Nel 1240 Matteo Marcofaba, segretario di Federico II, fu incaricato di fondare la città di Monteleone su terreni di proprietà dell’abbazia della SS. Trinità di Mileto e nel 1255 è attestata per la prima volta nelle fonti l’esistenza del castello. La fortificazione fu modificata in età angioina, a partire dalla seconda metà del XIII sec., con l’incremento di ambienti, l’addizione di torri circolari e la modifica dell’ingresso principale spostato sul fronte nord ovest. I Pignatelli, ai primi del Cinquecento (1509), furono autorizzati ad operarvi modifiche e pertanto il castello perse quasi del tutto la funzione militare, assumendo invece quella di abitazione nobiliare. Il sisma del 1783 procurò danni rilevanti alla fortificazione, distruggendo quasi completamente l’ala sud est., che fu parzialmente ricostruita nei primi decenni del XIX secolo. Dopo un abbandono secolare, negli anni Settanta dello scorso secolo ne fu avviato il restauro. Il castello conserva intatta la torre a cuneo di età sveva, le torri cilindriche e l’ingresso principale di età angioina. È oggi sede del Museo Archeologico Nazionale.

 

Il Cilento (Salerno) è protagonista delle Giornate di maggio: Camerota, con il suo castello, il borgo murato e le numerose torri vicereali è stato prescelto in Campania dal consiglio direttivo regionale come sede dell’evento principale. 

Il castello è uno degli edifici storici più importanti di Camerota (il paese ha anche una frazione marina dove vi è un altro castello). In origine una fortificazione, domina il centro storico di Camerota, un borgo medievale con edifici storici adibiti a funzioni culturali come il Museo della Civiltà Contadina e dell’Artigianato, la Cappella di Piedigrotta e l‘anfiteatro Kamaraton, costruito esclusivamente con fossili in selice. Il castello di Camerota è caratterizzato da un’alta torre a base quadrata di origini normanne (XI –XII secolo), con ampliamenti successivi fino agli inizi del XVI secolo. Nel luglio 1552 una potente flotta turca capitanata da Rais Dragut assalì il borgo fortificato con il castello, che venne gravemente danneggiato. Molti abitanti furono fatti prigionieri e tradotti in schiavitù.

Contemporaneamente ad Avella (provincia di Avellino) sabato 11 maggio visita guidata al castello con conferenza, mentre domenica 12 maggio nel poco distante Castel Cicala (Nola, Napoli) si terrà analogamente una visita guidata e la presentazione della tesi di laurea tra le vincitrici dell’ultima edizione del Premio promosso annualmente dall’Istituto Italiano dei Castelli e dedicata al recupero ed alla valorizzazione del sito fortificato.

Maggio è sinonimo di castelli in questa regione e numerosi sono gli appuntamenti in tutti i weekend del mese oltre a quelli delle Giornate Nazionali, coinvolgendo i siti di Carinola (CE), Rocca dei Rettori (BN), Lettere (NA) recentemente restaurato, i sentieri di Pimonte. Nel primo weekend saranno altresì organizzate delle visite speciali a Castel Capuano e Castel S. Elmo a Napoli.

 

In Emilia Romagna aperto alle visite e alle attività delle Giornate il borgo fortificato di Terra del Sole: una città-fortezza medicea oggi parte integrante del comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole, situata a meno di 10 km da Forlì.

 

Nella ricorrenza dei 460 anni dalla fondazione della città Fortezza e nell’anniversario dei 450 anni della morte del Granduca Cosimo I de Medici che la ideò, la sezione Emilia Romagna dell’Istituto Italiano Castelli apre per la prima volta al pubblico il bastione di Santa Maria di proprietà comunale.

 

I volontari della sezione Emilia Romagna accompagneranno nell’intera giornata di domenica 12 maggio i visitatori alla scoperta della fortificazione mai aperta al pubblico, dove sarà possibile comprendere il funzionamento del sistema difensivo di una fortezza cinquecentesca visitando l’eccezionale sistema su due livelli sovrapposti di camere di manovra delle armi da fuoco.

Le visite saranno accompagnate dal racconto degli studenti universitari che spiegheranno il bastione oggetto della loro tesi, vincitrice del premio nazionale alle tesi di laurea in architettura, restauro e altre discipline promosso dall’Istituto lo scorso anno. I visitatori potranno scoprire anche la storia e le bellezze della città fortezza grazie alle guide locali coordinate dall’ufficio turistico del Comune.

 

Il pomeriggio di sabato 11 maggio offre al pubblico un ricco programma culturale che include una conferenza ad ingresso libero al Palazzo Pretorio di Terra del Sole, alle 17, con la partecipazione delle istituzioni del territorio e della soprintendenza e la presentazione al pubblico della tesi vincitrice il premio di laurea 2023 dell’Istituto dedicata al bastione di Santa Maria. Ad essa segue un aperitivo all’interno del Giardino del Castello del Capitano delle Artiglierie, dimora storica privata all’interno del Borgo di Terra del Sole, ricavato sul bastione di Sant’Andrea. Un concerto di musica sinfonica all’interno della chiesa parrocchiale di Terra del Sole chiude la giornata.

 

La città fortezza di Terra del Sole, costruita da Cosimo I de’ Medici come nuovo centro politico e militare della Romagna toscana, può essere considerato come un vero e proprio unicum nel suo genere, un episodio urbanistico e architettonico senza eguali in Romagna. Non solo Terra del Sole può essere considerata come una città di fondazione figlia dell’ideologia e del pensiero rinascimentale ma allo stesso tempo viene concepita come una perfetta macchina difensiva, collocata sulle prime colline forlivesi, a tutela dei territori del Granducato, che si estendevano in Romagna per tutta la Valle del Montone e le vallate adiacenti. La rocca conserva, tutt’oggi minacciati dall’azione del tempo, nascosti da un’abbondante vegetazione e da nuove costruzioni, le mura, i bastioni, i castelli e i palazzi a testimonianza del passato illustre vissuto dal fortilizio mediceo. La costruzione della città-fortezza in prossimità di Castrocaro non fu solamente dettata da ragioni strategiche e militari, ma anche quasi certamente politiche. 

 

In occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, i volontari dell’Istituto Italiano Castelli invitano il pubblico a compiere in autonomia un itinerario culturale e paesaggistico più esteso per estendere la loro permanenza l’intero weekend. 

 

Nel cuore della Romagna, sulla strada statale che congiunge Ravenna a Firenze, sorge Castrocaro Terme, l'antica Salsubium dei Romani, nota per la ricchezza delle sue acque salse, prese nel Medioevo il nome di Castrocaro, derivato forse da Kaster Kar (in lingua celtica, 'sperone roccioso'), o forse da Castrum Cari (cioè 'accampamento di Caro' o 'di Carino', imperatori Romani del III secolo). Da visitare è il borgo medievale, con interessanti edifici medievali e rinascimentali. Spicca il quattrocentesco Palazzo dei Commissari, la dimora dei Capitani di giustizia inviati dai Fiorentini nel periodo in cui Castrocaro fu capoluogo della Romagna Toscana; la Fortezza (sec. X-XVI) che domina il paese (visitabile con Museo ed Enoteca), dove si svolgono feste medievali ed esibizioni di falconeria, la Torre Campanaria detta "e Campanon’, il Battistero di San Giovanni alla Murata ai piedi della Fortezza, il Padiglione delle Feste in puro stile 'art decò' con pregevoli decorazioni di Tito Chini ed il Grand Hotel delle Terme del Piacentini nel parco delle terme, esempi di architettura del Ventennio; infine il parco fluviale che costeggia il fiume Montone.

 

Di eguale interesse anche Montepoggiolo e la sua rocca. Nata probabilmente come torre di vedetta della cittadella di Castrocaro, i primi documenti storici che riportano indirettamente informazioni su questa rocca portano la data del 906 e citano un tal «conte Berengario del castello di Montepoggiolo» Dalla rocca di Montepoggiolo si scopriva “la pianura della Romagna papale da Faenza fino a Ravenna, e l'Adriatico, di modo che non è possibile far passare fra queste mura e la Terra del Sole di giorno alcun corpo considerabile senza esserne avvisati”. La Rocca, costruita in mattoni, si presenta tuttora con una pianta quadrilatera irregolare ed è visitabile dal suo esterno dopo un breve tragitto a piedi. 

 

In Friuli Venezia Giulia protagonista sabato 11 maggio la Casaforte Nussi Deciani Zamò a Case di Manzano (Udine), un complesso del XV-XVI secolo realizzato su preesistenze e circondato da un muro di cinta.

La casaforte è composta da edifici rustici posti al margine del cortile, tra i quali un palazzo a pianta rettangolare posto a nord-est con all’interno decorazioni in cotto riconducibili al XV secolo. In epoca medievale venne aggiunta una torre d’avvistamento. Oggi il compresso è adibito a residenza privata e bed and breakfast. Ospita eventi culturali e fa parte del Consorzio per la Salvaguardia dei Castelli Storici del Friuli Venezia Giulia. L’evento organizzato a Casaforte Nussi Deciani Zamò è il primo di tre incontri di approfondimento sul tema degli insediamenti rurali fortificati che verranno organizzati dalla sezione Friuli Venezia Giulia dell’Istituto Italiano Castelli nel corso dell’anno.

Le vicende storiche e il restauro, curato tra il 1999 e il 2008 dall’architetto Toni Cester Toso, storica socia della sezione regionale dell’Istituto Italiano Castelli Onlus, saranno l’occasione per ricordare la cura e l’attenzione rivolta alle architetture fortificate da parte di alcuni soci della sezione nel corso dei 60 anni dalla fondazione dell’Istituto.  

La visita guidata sarà preceduta dalla presentazione del libro Toni Cester Toso La storia di una professionista, a cura di Liliana Cargnelutti e Mariagrazia Santoro. Le autrici ed i proprietari della casaforte ripercorreranno le vicende dell’incontro con l’architetto e le fasi del restauro di un luogo affascinante, dove diversi edifici costituiscono un unicum caratterizzato da una grande armonia nel paesaggio.


Il Castello di Sermoneta (Latina) è protagonista delle Giornate in Lazio.

Aperto a visite guidate gratuite sia sabato 11 sia domenica 12 maggio, il castello risale al XIII quando gli Annibaldi costruirono un’imponente rocca. Nel 1297 Sermoneta e il suo castello passarono a Pietro II Caetani, Conte di Caserta, che avviò lavori di ampliamento e rafforzamento. Importanti lavori vennero eseguiti sul finire del Quattrocento, per volontà di Onorato III Caetani, che fece realizzare, tra l’altro le cosiddette “Camere Pinte”, stanze affrescate da artista ignoto, probabilmente appartenente alla Scuola del Pinturicchio.

Nel 1499 Alessandro VI Borgia sottrasse il castello ai Caetani, cui fu poi restituito nel 1504 da Giulio II. Nel Seicento iniziò il lento abbandono del castello che aveva perduto la sua rilevanza strategica. Soltanto a partire dalle fine dell’Ottocento i Caetani tornarono ad occuparsene avviando imponenti lavori di restauro.
 

I soci dell’Istituto Italiano Castelli Liguria, a causa di improvvisi problemi organizzativi sorti il 6 maggio, rimandano a data da destinarsi, che sarà presto annunciata, la visita guidata sostenibile con trasporto collettivo al borgo ligure di Finale (SV) e la prevista conferenza per il 60mo anniversario dell’Istituto Italiano Castelli.
 

In Lombardia visite e programmi vertono sul centralissimo Castello Sforzesco (Milano). 

 Sabato 11 maggio l’Istituto offrirà un incontro di studio aperto al pubblico sul fortilizio milanese (Il Castello Sforzesco e Milano. Luca Beltrami: il restauro del castello di Milano come atto politico) e una mostra sulle figure che hanno segnato la storia della Sezione Lombardia dell'Istituto Italiano dei Castelli ospitati all’ Auditorium della Fondazione AEM, mentre domenica 12 maggio tre turni di visite guidate gratuite saranno condotte dai volontari della onlus al castello. 

Nel 1991, per l’ottimo riutilizzo e l’accurata manutenzione, l’Istituto Italiano dei Castelli ha conferito al Castello Sforzesco la targa di segnalazione. A partire dalla fondazione dell’Istituto, molte sono state le attività di studio, ricerca e divulgazione scientifica proposte dalla Sezione Lombardia sul castello e nel castello stesso, le Giornate Nazionali dei Castelli che coincidono con la celebrazione del sessantesimo anno di attività della Onlus sono dunque l’occasione per ricordare questo importante connubio e gli studiosi che lo hanno promosso nel tempo.


Nel 1991, per l’ottimo riutilizzo e l’accurata manutenzione, l’Istituto Italiano dei Castelli ha conferito al Castello Sforzesco la targa di segnalazione. A partire dalla fondazione dell’Istituto, molte sono state le attività di studio, ricerca e divulgazione scientifica proposte dalla Sezione Lombardia sul castello e nel castello stesso, le Giornate Nazionali dei Castelli che coincidono con la celebrazione del sessantesimo anno di attività della Onlus sono dunque l’occasione per ricordare questo importante connubio e gli studiosi che lo hanno promosso nel tempo.

Un tranquillo asilo di arte e di memorie cittadine così l’architetto Luca Beltrami nel 1912 chiudeva il resoconto dei decennali lavori che avevano trasformato il Castello Sforzesco, l’invisa fortezza, in un luogo privilegiato, sede delle raccolte museali e delle biblioteche specialistiche di Milano.  

La fisionomia dell’imponente edificio era stata rispettata nei volumi dei sotterranei e degli ambienti come degli spazi aperti; il restauro aveva accentuato i caratteri castellani con la ricostruzione degli spalti e, sulla fronte principale, l’innalzamento di una torre a memoria di quella eretta dall’architetto principe della prima età degli Sforza, Antonio Averulino detto il Filarete. 

Le fasi salienti della storia del Castello Sforzesco sono individuabili nella fondazione di età Viscontea, a cavallo della cinta muraria medioevale, nella celebre dimora rinascimentale che accolse le sperimentazioni pittoriche di Leonardo da Vinci e nella fortezza dei regnanti spagnoli e austriaci. 

Non più periferico, ma inglobato ormai in una metropoli, in questi anni il Castello Sforzesco è al centro di flussi di visitatori, di addetti ai lavori, di studiosi; è tuttora oggetto di nuove indagini dedicate alla struttura architettonica, unica e straordinaria testimonianza emergente nella città di Milano.  

 

I soci volontari della sezione Marche dell’Istituto Italiano Castelli rendono protagonista sia sabato 11 che domenica 12 maggio un altro borgo straordinario, quello di Sassocorvaro (PU) con la sua ben conservata rocca

In occasione delle Giornate, la rocca sarà ad ingresso gratuito per i partecipanti alle Giornate e in entrambi i giorni è possibile anticipare e posticipare gli orari di visita.

Realizzata da Francesco di Giorgio Martini intorno al 1475 per volontà del Duca Federico di Montefeltro, la Rocca di Sassocorvaro è un tassello importante dell’imponente sistema difensivo a protezione di Urbino, capitale del Montefeltro, tanto da essere considerata “una delle opere più straordinarie e fondamentali del Rinascimento”. Siamo nel così detto “Periodo di transizione”, in cui si passa dall’arma bianca all’arma da fuoco, la bombarda, la “Diabolica invenzione”. I castelli medievali, ormai obsoleti e inadatti a resistere alla forza d’urto delle nuove armi, vengono un po’ alla volta soppiantati da rocche e fortificazioni, costruite per reggere più efficacemente l’impatto delle armi da fuoco.

La Rocca di Sassocorvaro è ben altro dallo straordinario maniero di guerra. Sassocorvaro apparteneva (dal 1474) al conte Ottaviano Ubaldini, fratello di Federico, suo “Alter ego” “colui che el stato quasi sempre governava”, uomo di straordinaria cultura e sapienza, amico delle Muse, principe italiano dell’astrologia e grande esperto di alchimia e di esoterismo. Ottaviano ha voluto che l’edificio fosse rappresentativo di quella sintesi (diarchia) che andava realizzando al fianco di Federico nella conduzione del ducato. Questa volontà emerge già dalla scelta della pianta della Rocca che ha la forma di tartaruga e rappresenta, con il guscio, l’impenetrabilità, come voleva Federico, ma con l’interno del guscio stesso, con  l’animale vivo, esalta l’uomo pensante. Si vuole intendere cioè che l’edificio va visto come luogo dove esercitare il pensiero, dove acquisire “virtude e conoscenza”. La costruzione è una specie di “Libro di pietra” che racconta, attraverso simboli, il messaggio lasciatoci da Ottaviano, come si percepisce chiaramente osservando le forme e gli spazi molto particolari, lontani dalle tipologie delle strutture militari e molto più vicine a quelle di un palazzo e, perché no, di un “convento”. Pertanto la Rocca va vista come “Arx e Domus, elementi eterogenei fusi in una sola costruzione governata da una superiore armonia”. Il grande merito di F. di Giorgio Martini è quello di aver saputo fondere le richieste di Federico e quelle di Ottaviano, così diverse, opposte e complementari tra loro  realizzando un complesso caratterizzato da una “armonia superiore”, che non ha uguali, “unico nel suo genere”.

Nel corso della seconda guerra mondiale, la Rocca di Sassocorvaro è stata scelta dal soprintendente Pasquale Rotondi come “arca dell’arte” ovvero rifugio di una parte significativa del patrimonio artistico italiano (circa 10.000 pezzi), per “la più grande concentrazione di opere d’arte mai realizzata in Italia in tempo di guerra” oggetto della mostra tenutasi alle scuderie del Quirinale nel 2023.

 

Le Giornate Nazionali dei Castelli in Molise offrono visite guidate, convegni e concerti. 

Sabato 11 maggio, all’interno delle mura di un castello molisano, si terrà un concerto a cura del Conservatorio “Lorenzo Perosi” di Campobasso

Domenica 12 maggio la mattina il convegno aperto al pubblico ‘Giovanna I Regina di Napoli e i Castelli angioini in Molise’ precede la visita della Torre angioina di Colletorto (Campobasso); il pomeriggio visita al Borgo fortificato di Montorio nei Frentani nella stessa provincia a cui segue la visita alla chiesa madre per ammirare l’”Annunciazione” cinquecentesca di Teodoro D’Errico. 

L'antica Collis Tortus, come risulta dai registri angioini del 1273 insieme con il suo primo feudatario, Guglielmo d'Anglona, era un borgo murato con andamento urbanistico circolare. La difesa dell'abitato col torrione cilindrico fu opera angioina, così come ipotizza il Tria, realizzata al tempo della Regina Giovanna I d'Angiò, il cui regno iniziò nel 1343 e terminò nel 1382.

La torre fu edificata su una parte dell'area occupata in precedenza da un vecchio impianto fortificato normanno, del quale rimane il tracciato quadrato del perimetro murario all'interno della torre. Il complesso normanno comprendeva mura e castello, sui cui ruderi, nel 1700 fu costruito il palazzo dei Marchesi Rota, restaurato nella seconda metà del 1900 e utilizzato attualmente come sede municipale.

La Torre di Colletorto è situata nella parte sud-est dell'abitato, di fronte alla chiesa di S. Giovanni Battista. La sua posizione consentiva il controllo del territorio caratterizzato dall'ampia vallata del fiume Fortore, un tempo solcata dalla transumanza che avveniva sull'importante percorso tratturale Celano-Foggia.

Alla torre si accede attraverso una scalinata esterna che parte dalla piazza antistante. La struttura architettonica, di forma cilindrica perfetta priva di evidente rastrematura, s'innalza per ben 25 metri d'altezza. La torre di Colletorto è una delle poche del genere nel Molise (vanno ricordate quelle di Roccapipirozzi e di Campochiaro) mentre torrioni svevo-angioini cilindrici simili sono presenti più numerosi in Puglia e in Abruzzo.

I primi feudatari di Montorio che la storia ricordi, siamo nel 1167, furono Vitus Avalerius e Henricus de Ceria, ognuno dei quali possedeva la metà del feudo. Non è ancora chiarita la doppia natura del possesso anche se si può ipotizzare che l'uno avesse sotto la propria giurisdizione la rocca e l'altro la terra murata.

Successivamente, in epoca angioina, il feudo passò ai Molisio fino al matrimonio di Tommasella, primogenita di Guglielmo, con Riccardo Monforte di Gambatesa dal quale ebbe Carlo che durante la sua reggenza riuscì a riunire il feudo.

 

Il borgo fortificato di Montorio è caratterizzato da due agglomerati urbani ben distinti e facilmente individuabili. Si tratta più precisamente dell'espressione architettonica derivata da due fasi di sviluppo che hanno segnato il centro frentano.

Lungo la cortina muraria correva la strada principale detta Capo di vaglia (oggi Via Garibaldi), luogo questo, dove si impiantarono, secondo la tradizione, a metà del XV secolo le famiglie greco-epirote scampate alle persecuzioni ottomane.

Uno dei capolavori della storia dell’arte europea si trova a Montorio nei Frentani. E’ un’Annunciazione dipinta su tavola da Teodoro D’Errico poco prima del 1580.

L’opera è sempre stata nel paese, ma gli abitanti ignoravano il suo elevato valore; grazie all’aiuto dell’architetto Franco Valente, presidente della locale sezione dell’Istituto Italiano, il dipinto è stato rivalutato e fu selezionato per l’Expo 2015 di Milano, protagonista insieme ad altre opere d’arte italiane.

 

In Piemonte sia sabato 11 che domenica 12 maggio è aperto alle visite guidate il castello di Volpiano di proprietà privata, la cui prima pietra risale al XIV secolo. Sorge su una formazione collinare di forma allungata ai confini della Riserva naturale della Vauda e domina il sottostante abitato. Le attività si svolgeranno anche in caso di maltempo. Oltre al sopralluogo ai resti del castello, sono previste conferenze illustrative e visite ad altri siti di interesse storico-culturale del territorio.

 

Il complesso ebbe un ruolo strategico di rilievo fino all’inizio del Seicento, quando entrò a far parte dei possedimenti sabaudi: fu, infatti, protagonista delle vicende militari della prima metà del XVI secolo in quanto presidio imperiale alle porte di Torino, all’epoca sottoposta al dominio francese.

Le prime testimonianze risalgono al 1014, anno in cui il luogo, descritto «cum castello et capella», era dipendenza dell’abbazia di San Benigno di Fruttuaria. Non sono, però, pervenute evidenze materiali riferibili a tale fase. La cronaca trecentesca del notaio novarese Pietro Azario, riferendo l’episodio della conquista del castello da parte delle truppe di Giovanni II di Monferrato verso il 1340, lo descrive composto da «un muro altissimo e merlato […] sovrastato da un’eccelsa torre nella quale abitava in permanenza un custode». Il passaggio sotto il controllo marchionale fu seguito da interventi di potenziamento: la superficie difesa venne ampliata con l’aggiunta di un nuovo muro e al suo interno fu costruito un palazzo.

In assenza di dati per il XV secolo, determinante è una carta del borgo realizzata da un anonimo ingegnere nell’imminenza dell’assedio del 1555, culminato con la presa e la parziale distruzione del castello per opera dell’esercito francese. Essa, che trova puntuali riscontri nei ruderi odierni, rappresenta una fortificazione già aggiornata “alla moderna”, estesa su più livelli in direzione sud-est nord-ovest. Il forte presenta una forma a punta di freccia rivolta verso il borgo; il fronte ovest è costituito da una cortina con paramento murario in laterizio, protetta da torri cilindriche verso sud e da un bastione a nord; i lati meridionale e settentrionale risultano entrambi bastionati. Nel livello intermedio è indicato un nucleo murato di forma ottagonale: probabilmente si tratta del castello bassomedievale, declinato nel tempo per assolvere a funzioni prioritariamente residenziali. In alzato non si è conservato alcunché, ma è ancora leggibile il terrazzamento sistemato a prato. Il terzo livello, a ovest, era separato da una tagliata dal resto del forte, e lo proteggeva grazie a un ampio baluardo rivolto verso la Vauda. 

I resti della fortezza giunte sino a noi comprendono il fronte bastionato del livello inferiore verso il borgo; in particolare, nell’area sud-orientale, in corrispondenza di un varco forse corrispondente all’accesso principale, sopravvivono i resti della torre cilindrica sud, con tratti di cortina, e del bastione nord. 

Il castello, nel XV secolo, costituiva il fulcro di un articolato sistema difensivo, che comprendeva un ricetto, esteso all’area pianeggiate a ridosso del rilievo su cui il castello stesso sorgeva, e una più ampia cinta muraria, sopravvissuta sino al principio del XIX secolo, che proteggeva l’intero borgo.

 

In Puglia i soci volontari dell’Istituto Italiano Castelli offrono una giornata di studi al Castello Svevo (Bari) il giorno 10 maggio dalle 9.30 alle 13.15 aperta anche ai non addetti ai lavori. Tra i relatori, la presidente della onlus Istituto Italiano Castelli Michaela Stagno D’Alcontres, i membri del consiglio scientifico dell’istituto Italiano Castelli (Enrico Lusso, Presidente, Antonella Calderazzi vice presidente), rappresentanti del MIC, soprintendenti, studiosi che, in occasione del 60mo anniversario della fondazione dell’Istituto, discuteranno sulla tutela dei castelli pugliesi tra restauro e futuro. Rimandata alle Giornate Nazionali dei Castelli di settembre la visita, su itinerario inedito, al Castello Alfonsino detto anche ‘Forte a Mare’ di Brindisi. Di epoca aragonese, sorge sull’isola di Sant’Andrea e la sua costruzione si inserisce nel programma di fortificazione della costa orientale del Regno di Napoli, attuato dagli Aragonesi dopo la caduta di Costantinopoli per opera di Maometto II (1453).

 

In Sardegna saranno protagonisti i forti della costa nord della Sardegna, parte del più ampio sistema difensivo che interessava anche l’intero arcipelago di La Maddalena, con visite guidate a cura dei volontari della delegazione sarda dell’Istituto Italiano Castelli e con la collaborazione dell’Università degli Studi di Cagliari che dal 2018 ha condotto approfonditi studi sul patrimonio fortificato anche grazie alla collaborazione con il Ministero della Difesa.

 

Sabato 11 e domenica 12 maggio è in programma la straordinaria apertura e visita a un sito di particolare interesse storico-architettonico e paesaggistico: il forte, noto anche come Opera Capo d’Orso. Si tratta di un significativo e complesso sistema militare di batterie, casematte e fortificazioni, realizzato a partire dalla fine del XIX secolo a difesa dell’arcipelago di La Maddalena e dell’area costiera nel tratto compreso tra Punta Altura e Capo d’Orso, comprendente le postazioni di Montiggia e Punta Sardegna.

 

In Sicilia protagonista domenica 12 maggio dalle 9 alle 20 il castello di Taormina o del Monte Tauro, la cui prima pietra risale al X secolo. Chiuso per circa trent’anni, nel recente passato è stato oggetto di un accurato e indispensabile intervento di restauro e adeguamento funzionale realizzato dalla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Messina che, insieme ai lavori di messa in sicurezza della scalinata d’accesso, della parete rocciosa limitrofa e della realizzazione dell’illuminazione dell’area, a cura dell’Amministrazione comunale, ne hanno consentito la riapertura e la libera fruizione, anche notturna, come polo culturale.

 

Ubicato in posizione preminente rispetto alla sottostante città di Taormina, sin dalla sua origine ha rappresentato un punto di guardia e di controllo del passo tra la valle del fiume Alcantara e il mare Jonio. 

In sinergia con il sovrastante Castello di Mola e le fortificazioni urbane di Taormina, delle quali oggi rimangono Porta Messina sul lato nord, Porta Catania sul lato sud e la intermedia, ricostruita, Torre dell’Orologio, la fortezza ha risposto, nel corso della storia, alle esigenze di difesa degli abitanti insediati.

Da esso si gode un panorama mozzafiato a 360°. A nord lo Stretto di Messina, a sud la valle del fiume Alcantara e le pendici dell'Etna, sullo sfondo la città di Catania, e ancora, a ovest i monti Peloritani. 

La bellezza ed il mistero che il Castello di Taormina promana non passano inosservati a chi lo ammira e ciò che più colpisce è l’equilibrio tra l’ambiente naturale e quello antropizzato dall’uomo nei secoli. In un caleidoscopio di paesaggi unici come pochi al mondo.

Il complesso monumentale sorge sul Monte Tauro a 396 m. s.l.m., dov’era l’acropoli greca. Fondato dagli Arabi nel 902 e per questo detto “saraceno”, faceva parte del sistema di fortificazioni costruite in tutta la Sicilia in punti naturalmente strategici. Al castello si accede attraverso una scalinata intagliata nella roccia, che partendo dalla suggestiva chiesetta della Madonna della Rocca si inerpica fino a raggiungere la porta, a sua volta preceduta da un avancorpo scoperto e presidiato da camminamenti di ronda, ha forma trapezoidale con un imponente mastio. Sul lato sud si erge, su un’alta scarpata, una torre con la garitta per la sentinella e la campana d’allarme.

Nel pomeriggio il prestigioso Palazzo dei Duchi di Santo Stefano (XIV sec.), oggi sede della Fondazione Mazzullo, ospiterà alle ore 15 la tavola rotonda Il futuro del patrimonio fortificato siciliano. Progetti e Prospettive. Ne parleranno insieme rappresentanti dell’Istituto Italiano dei Castelli, delle istituzioni regionali e locali e delle associazioni culturali del territorio.

 

In Toscana protagonista Firenze (il 17 maggio) con un convegno sulla memoria di Gazzola e sul restauro dei castelli con interventi di Nicoletta Maioli (Presidente IIC Toscana), Domenico Taddei (IIC) e Maurizio de Vita, architetti e docenti universitari.

 

In Trentino Alto Adige protagonista sabato 11 maggio il Forte Belvedere che ora è un monumento alla pace e alla condanna delle atrocità della guerra, visitato da oltre 28.000 persone all’anno.

Werk Gschwent di Lavarone, oggi meglio noto come Forte Belvedere, è l’unica struttura ben conservata e visitabile delle sette fortezze costruite dagli austriaci all’inizio del XX secolo per fronteggiare una possibile invasione italiana (verso Trento). Oggi è una testimonianza unica in quanto sede museale delle vicende della guerra sugli altipiani e alla Prima Guerra Mondiale in generale.

Il forte viene costruito a partire dal 1908 in località Gschwent su uno sperone di roccia calcarea (di quota 1177) a strapiombo sulla Val d'Astico, con funzioni di cerniera tra i forti della zona di Vezzena (Luserna, Verle e Cima Vezzena) e di Folgaria (Cherle, Sommo Alto, Dosso delle Somme).

Nel secondo dopoguerra il forte diventa proprietà della Regione Trentino-Alto Adige finché, nel 1966, viene acquistato da privati (la famiglia Osele di Lavarone) che, sgombrate le macerie, ricostruite in cemento le forme delle cupole originali, ripristinata l'illuminazione interna, lo rendono visitabile. 

Grazie a questo provvidenziale intervento, il forte si trasforma in "museo di sé stesso" e riesce a conservarsi fino al 1996, quando viene acquistato dal Comune di Lavarone che procede al restauro conservativo in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e alla valorizzazione del sito, trasformando la struttura in organico museo dedicato al forte, ma anche ai principali eventi e ripercussioni del primo conflitto mondiale in scala locale e internazionale.

 

L’Umbria apre sia alle visite guidate che a una conversazione aperta al pubblico sabato 11 maggio il castello ed il borgo fortificato di Antria nel comune di Magione (PG) sorto sulla sommità di un colle sui resti di un antico pagus romano che rivestì un ruolo importante nella rete viaria alto-medievale, per la sua posizione strategica. La necessità di difendere il transito e i commerci comportò la fortificazione dell’insediamento che , citato per la prima volta nel 1185 in un documento che ne attribuiva la proprietà alla canonica perugina di San Lorenzo, nel 1258 viene indicato come castrum dotato di una robusta cinta muraria.

L’economia dell’area, grazie alla presenza di corsi d’acqua, era prevalentemente agricola, ma non mancavano attività artigianali tra le quali emergevano la coltivazione di piante tintorie e la produzione di laterizi. Il coinvolgimento del castello in svariate vicende belliche provocò distruzioni e rifacimenti: tra il  1260 e il 1364 fu gravemente danneggiato dalle continue incursioni di fuoriusciti perugini e di soldati mercenari fra cui l’arrivo nel territorio perugino della compagnia di ventura inglese di Giovanni Acuto (John Hawkwood).
Nel 1426 si arrese a Braccio Fortebracci da Montone che proprio nel castello ricevette gli ambasciatori perugini Sacco Saccucci, Andrea di Guidarello, Andrea Guidoni e Cianello d’Alfano Alfani.
L’odierna Antria si presenta come un luogo suggestivo dalla forte connotazione medievale a cominciare dalla porta principale che rivela la presenza in passato del ponte levatoio, per proseguire con la cinta muraria in gran parte in buono stato di conservazione caratterizzata da solide torri perimetrali; al suo interno le case, strette le une alle altre, si affacciano su vicoletti, alcuni voltati, che afferiscono a due piazzette con al centro i relativi pozzi. Fuori dagli itinerari turistici, il borgo nel quotidiano è un luogo del silenzio, ma si anima in due precisi momenti dell’anno attorno all’accensione del forno medievale di comunità che chiama a raccolta gli abitanti rimasti dentro e fuori le mura. Il forno, che ha sede nella quattrocentesca Confraternita di San Rocco e Sant’Antonio Abate, nei giorni immediatamente precedenti la Pasqua vede  perpetuarsi una tradizione che ha un vago sapore di ritualità:  le donne portano a cuocere la torta di Pasqua, il tipico pane pasquale umbro,  che verrà benedetta il Sabato Santo e portata in tavola per la prima colazione la Domenica mattina insieme ad altri cibi benedetti. Il forno si riaccende per la festosa sagra estiva dell’Oca, simbolo della  riscoperta dei tradizionali valori contadini, che richiama locali e turisti a far rivivere, anche se per pochi giorni, questo caratteristico ed unico borgo medievale. 

 

In Veneto viene proposta la riscoperta di Verona, con uno speciale convegno e visite guidate sia sabato 11 che domenica 12 maggio

I volontari della sezione Veneto dell’Istituto Italiano Castelli invitano il pubblico di esperti ed appassionati ad una due giorni di incontri a Verona e in altri castelli della regione in altri weekend di maggio. Con le istituzioni della città e la Fondazione Piero Gazzola, il convegno presenta due recenti pubblicazione sull’opera di Piero Gazzola con una riflessione sulle opere di restauro di architetture militari realizzate nel corso del tempo a Verona. 

A Verona le visite guidate si estendono, in collaborazione con le associazioni veronesi, alla riscoperta delle mura urbane e dei forti della città, per ricordare che la città è protetta dall’Unesco per il patrimonio fortificato stratificato nei secoli a partire dall’età romana, proseguita nei periodi degli Scaligeri e dei Visconti, poi rafforzato ed ampliato dalla Repubblica di Venezia e dall’Impero Asburgico. Oltre a Verona, sarà nuovamente visitato Forte Monte Tesoro, uno dei più importanti forti corazzati italiani realizzati nei primi decenni del ‘900. Le visite guidate al forte si estenderanno anche oltre le giornate dell’ 11-12 maggio 2024. I soci volontari della Onlus organizzatrice delle Giornate aprirono le prime visite a questa architettura - con enorme successo di pubblico - nelle Giornate di qualche edizione fa, non appena questa architettura fu riaperta al pubblico: il Forte è stato infatti recentemente restaurato - la sua seconda vita offre alla cittadinanza ed i visitatori una nuova funzione culturale e turistica.

 

Fine comunicato stampa 

Giornate Nazionali dei Castelli, XXV edizione, sabato 11 e domenica 12 maggio 2024

visite guidate gratuite o a pagamento, conversazioni, convegni e conferenze, formazione professionale, premio di laurea, mostre e presentazioni, concerti, aperitivi, presentazioni di libri, trekking e altre attività di visita, corteo auto storiche, passeggiate patrimoniali.

 

Organizzatore: Istituto Italiano Castelli Onlus (IIC), 

1964-2024: 60 anni

Regioni coinvolte: 19

hashtag: #giornatenazionalideicastelli2024

Sito web (nuova release): http://www.istitutoitalianocastelli.it

FB: https://www.facebook.com/IstitutoItalianodeiCastelli/

IG: https://www.instagram.com/istituto_italiano_dei_castelli/