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Home from Home - JAMESPLUMB da Rossana Orlandi
data: 01-10-2010
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JAMESPLUMB
La stampa del mondo ne parla. Le mostre al 95% sold outdata: 02-04-2010
Canapa: materiale del futuro verso il rifiuto zero
I punti deboli della neonata filiera italiana
Canapa Sativa Italia (CSI) è un’associazione senza fine di lucro che mette insieme i più impegnati esponenti dell’industry nostrana da tutto il paese: appassionati e competenti alfieri in giovani agricoltori, sapienti trasformatori ed imprenditori, scienziati e ricercatori. In una parola i nuovi ‘pionieri’ di un settore antico, la canapicoltura, che ormai copre ogni spettro di una filiera di qualità: dall’agro-alimentare, alla nutraceutica, alla farmacopea.
Nata come gruppo online nel 2014 con circa 15000 iscritti, si è costituita legalmente nel 2018 e i soci hanno creato un percorso d’adesione molto rigoroso, validato da un comitato etico. CSI è, insieme, un organo non profit divulgativo per il grande pubblico e un gruppo di pressione competente che illustra a decisori politici e al consumatore finale i benefici della pianta, gli ambiti di applicazione e l’importanza per l’agroalimentare italiano.
Nell’ambito di una campagna di informazione istituzionale, Canapa Sativa Italia (CSI) racconta tutta la filiera della canapa (disciplinata dalla Legge 242/16) e ne evidenzia criticità e potenzialità dando voce ai suoi associati: oggi si dedica alle grandi doti costruttive, tessili e progettuali della canapa industriale.
Vedrà la luce (di nuovo) anche in Italia una filiera della canapa ‘dal seme al prodotto finito’?
E’ un interrogativo cruciale la cui risposta resta purtroppo critica per migliaia di imprenditori, ricercatori e trasformatori che credono in una pianta versatile, importante sia per usi alimentari che medicali le cui fibre possono essere ancora più versatili per l’industria tessile, automobilistica, design, edile e di rivestimenti, finanche per l’industria spaziale o per quella ‘usa e getta’.
La poca chiarezza delle norme esistenti che spesso si contraddicono o spesso vengono contraddette da organi inquirenti (soprattutto in Sardegna dove al contrario delle leggi applicate nelle altre regioni italiane è vietato separare il fiore dal resto della pianta) scoraggia l’attrazione di investimenti esteri e non permette il compattamento di una filiera sana e 100% made in Italy.
Se le normative acquisissero chiarezza e se gli organismi preposti abbandonassero atteggiamenti contrari alle norme esistenti, una filiera della canapa industriale potrebbe essere già una realtà fruttifera a partire dalla creazione di coltivazioni di piante utili per tutte le quattro doti della Cannabis Sativa Linnaeus: seme (alimentare e agricolo), fiore (benessere, estrattivo, medicale), canapulo, fibra (cellulosa e materiali innovativi) al fine di minimizzare le spese di impianto, lavorazione e ‘mietitura’ e massimizzare il ritorno sull’investimento.
La canapa italiana è storicamente la migliore d’Europa grazie a microclima e qualità dei terreni ma a tutt’oggi - mentre si discute su come far decollare la neonata filiera - ad essa vengono preferite qualità più scadenti (da quella francese a quella cinese) perché costano meno.
Oggi, potenzialmente e alla luce della bolla speculativa di cui è oggetto in particolare il fiore, la creazione di valore ed economia di scala attorno a cellulosa e fibra rappresenterebbe un volano in grado di rivoluzionare completamente la produzione mondiale di materiali ad alta potenzialità.
Il valore della fibra di canapa è stato riconosciuto nel tempo: prima che esistesse la plastica era la fibra di canapa a farla da padrona in più di un’industria. Il nylon è stato creato ‘mimando’ la canapa come la bachelite fu creata mimando l’avorio.
Sviluppare in laboratorio un materiale equivalente a quello ottenuto in natura ha avuto come effetto la distruzione di un comparto complementare alla produzione di carta, plastica ed altri materiali simili.
Oggi, a differenza di settanta anni fa, la scienza ha fatto passi da gigante e l’economia circolare non è più solo un mantra da ricercatori illuminati ma legge ‘cogente' in molte economie avanzate.
La fibra derivata dalla cellulosa è una risorsa completamente eco-compostabile, rinnovabile (prodotta in pieno campo ogni tre mesi) ed è la principale materia per la costruzione di materiali innovativi, diversi da quelli che già settanta anni fa erano prodotti mimando la canapa.
Vincenzo Guarnieri, ricercatore, AD di Policanapa, racconta la sua esperienza a margine di un incontro online aperto al pubblico generalista e specializzato che l’associazione offre gratuitamente tutti i martedì sui canali social dalle 21 alle 22 (Il Salotto della Canapa di CSI, condotto da Marta Lispi) intervistando protagonisti della filiera italiana a cui il pubblico può porre domande.
’Materiali prestanti derivati dalla canapa ed utilizzati per l’industria automotive o spaziale, tessile, edile, finanche dell’industria dell’usa e getta, just in time o per il tempo infinito sono già una realtà.
La cellulosa della canapa ad esempio nel tessile potrebbe dar vita a tessuti fibrati (fibre tessili agugliate) o per trame ad ordito con capacità tecniche particolari permettendo di sostituire già oggi materiali plastici ed altri non compatibili per tendere all’optimum del rifiuto zero. Tra l’altro, a differenza della plastica prodotta dal petrolio, la bio-plastica da canapa non ha alcuna difficoltà e costi correlati al suo fine vita.
Molte aziende come BMW e Ferrari si sono già accorte delle sue importanti capacità tecniche, due su tutte: la leggerezza specifica e la resistenza strutturale.
La canapa produce tanta biomassa in poco tempo e per questo sono molteplici le aziende interessate all’utilizzo di cellulosa da canapa per bio-plastica sia come base (canapa come unico componente) che come filler (canapa come componente addizionale).
Da ultimo ma non per ultimo, un’automobile o un complemento d’arredo, un gadget elettronico di canapa potrebbero essere smaltiti nell’umido.
Altre nazioni investono budget importanti in ricerca su questo materiale naturale. A seconda della filiera e di come è sviluppata, vi sono applicazioni diverse. In un momento in cui è possibile creare un comparto anche in Italia visto che dal 2016 la canapa è di nuovo coltivabile, è impossibile invece creare una produzione industriale e questo ci impedisce di raggiungere il livello di altri operatori in altri stati.
Un impianto di lavorazione costa qualche migliaio di euro e in Italia non esistono impianti di questo tipo perché nessuno (italiano o straniero) investe se non si sente ‘sicuro’ del ritorno sull’investimento. E in Italia la sicurezza di operare in un settore industriale normato con poca chiarezza non c’è.
Qui come altrove, abbiamo anche un problema di ‘specie’ che se coniugato alle difficolta specifica della filiera italiana fa finire quest’ultima in un cul de sac difficilmente sovvertibile. Piante che sono geneticamente progettate per fare fiore in campo aperto sono specifiche solo per questo uso ed hanno una ramificazione particolare: per valorizzare il loro canapulo o la fibra occorre togliere i rami e significa aumentare i costi. Similmente, piante da seme non sono utili per la fibra perché sono piante basse.
Vi è anche un problema di quantità e qualità. Piante da fiore come quelle che si trovano dal tabaccaio dovrebbero essere un prodotto ‘craft’, molto artigianale e di altissima qualità, da sviluppare in massimo 10 ettari e lavorare a mano. Per lavorare in utile con semi e fibre, di ettari ne occorrono centinaia.
Il processo da noi sviluppato e attuato in Abruzzo nel 2019 su 15 ettari di canapa suddivisi in due specie - Santica 27 e Futura 75 - si può riassumere in ‘’1 taglio 4 raccolti’’.
Abbiamo utilizzato molti uomini e una mietilega da grano modificata per il raccolto di canapa ma abbiamo studiato e sviluppato le esperienze per la costruzione di una macchina (il cui nome è TCP120) per il raccolto in campo (1 taglio) che taglia e raccoglie piante intere con canne di altezze diverse in una sola volta, lasciando il terreno immediatamente libero e pronto per successive lavorazioni.
Si tratta di una macchina studiata per recuperare tutta la pianta senza perdere nulla di fiore, foglie, seme e canna. Senza diminuire le qualità di tutti i raccolti, ma preservando le capacità organolettiche del seme per l’agro-alimentare, la predisposizione per l’estrazione da fiore pulito (biomassa con protocollo GMP), fibra e canapulo di altissima qualità perché non mortificati da agenti atmosferici e muffe nelle loro peculiari qualità di tenacia, resistenza e struttura (quattro raccolti).
Il trasporto e il compostaggio delle canne intere permette l’essiccazione naturale al coperto: è delicata, preserva (non riduce e non ossida) la preziosa materia prima.
Quando la pianta perde fino al 70% di peso (acqua) ed è ad una percentuale di umidità controllata sotto il 15 /12% allora è pronta per essere posta sul nastro trasportatore che la porterà dentro la DS1000 (defioratrice).
Qui verrà separato il fiore dal seme ed entrambi saranno privi di insetti: durante l’essiccazione questi abbandonano le piante e pertanto non finiscono insieme al prodotto pulito. Si separa anche la canna, rendendo puliti i vari co-prodotti dalla presenza gli uni dagli altri.
Fiore e seme seguono ancora una strada comune passando attraverso un vibrovaglio a più piani.
Oltre ad avere un ulteriore controllo visivo e manuale da parte dell’operatore, verranno divisi gli uni dagli altri rendendo pronti per l’invio all’estrazione i primi ed i secondi pronti per separazione in farina ed olio.
La stecca di canapa integra e lunga quanto tutta la pianta ripulita di tutte le parti fogliari, di fiori e semi in uscita dalla DS 1000 (defioratrice) verrà trasportata su nastro e sarà pronta per essere separata dalla STK600 od STK1000 (entrambe stigliatrici) in fibra lunga e canapulo bianco pulito e depolverizzato.
Ad attendere i co-prodotti in uscita vi sono due livelli di nastri trasportatori, uno alto a catena per raccogliere la fibra e uno basso a nastro per il canapulo.
Sia la DS che le STK sono munite di aspiratori che recuperano le polveri delle relative lavorazioni che sono al loro volta ulteriori materiali di altissima qualità (e con propri comparti di vendita).
Le successive lavorazioni della fibra e del canapulo seguiranno le vie definite all’interno della filiera locale per rendere ulteriormente funzionali alla vendita questi prodotti.’
Come dichiarato di recente a Lampoon Magazine che ha inaugurato una rubrica sulla canapa e gli usi avanzati della pianta soprattutto per il tessile, Vincenzo Guarnieri ricorda che negli Stati Uniti è stata fondata la Hemp Plastic Company, azienda che sviluppa imballaggi in bio-plastica flessibile realizzati con sottoprodotti della lavorazione della canapa. Questa azienda ne produce circa quattrocentocinquanta tonnellate alla settimana. L’imprenditore e ricercatore italiano, socio di Canapa Sativa Italia (CSI) sin dagli esordi, si augura che un’innovazione del genere possa essere introdotta anche in Italia: ‘In un paese storicamente manifatturiero come l’Italia dovremmo avere a disposizione tutti gli strumenti e le infrastrutture per la lavorazione della materia prima, così da avere un prodotto a chilometro zero. Sono necessari investimenti e specializzazioni.’