N'entrez pas dans une maison qui n'emploie pas la Musique d'Ameublement

Fluxus Events alla Fondazione Prada (Venezia) a settembre e novembre 2012

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categorie: Arte, teatro, performance,

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N'entrez pas dans une maison qui n'emploie pas la Musique d'Ameublement

Fluxus Events alla Fondazione Prada (Venezia) a settembre e novembre 2012

“Ogni parola che dico contribuisce alla menzogna dell’arte” (La Monte Young)

“Fluxus è uno stato d’animo” (N.J. Paik)

“N’entrez pas dans une maison qui n’emploie pas la “Musique d’Ameublement”” (Erik Satie, 1920)

Un grande atrio sul Canal Grande con lo scalone antico, la monumentale ballroom al quarto piano: queste le principali tra le ambientazioni della prima serie di Some Little Fluxus Events and Fluxus Concerts che l’artista Gianni Emilio Simonetti, esponente italiano dello storico movimento di pensiero e di azione artistica, ha ambientato negli spazi veneziani di Fondazione Prada, l’archivio della Biennale ora Ca’ Corner della Regina. La joint venture Prada/Comune che ha dato nuova destinazione d’uso al museo di Ca’ Rezzonico, ospita fino al 25 novembre (data di chiusura anche della Biennale d’Architettura) la mostra Small Utopia Ars Multiplicata.


Dedicata alle avanguardie storiche dell’arte contemporanea, la mostra, imperdibile, si concentra sulla moltiplicazione dell’oggetto d’arte e sulla sua diffusione democratica fino alla traslazione completa verso la cultura materiale e d’uso (arredi, tazze, piatti) e alla pop art.


Le performance appena vissute saranno ripetute anche a novembre. Aperti fino alla capienza massima fissata (200 persone) gli eventi Fluxus sono stati realizzati da Simonetti e da giovani studenti delle Accademie di Belle Arti di Milano e Venezia, sotto la forma di dichiarato omaggio al Festival Fluxus 1962 con opere di Ay-o, George Brecht, Philip Corner, Al Hansen, Dick Higgins, Alison Knowles, Takehisa Kosugi, Shigeko Kubota, Joe Jones, George Maciunas, Walter Marchetti, Nam June Paik, Ben Patterson, Terry Riley, Tomas Schmit, Mieko Shiomi, Ben Vautier, Robert Watts e La Monte Young, oltre alla rimessa in scena di alcuni lavori di John Cage (Fontana Mix, 1958; Sounds of Venice e Water Walk, 1959; Variation III, 1962).

Cosa è accaduto nelle quattro date, 31 agosto, 1 e 2 settembre, 7 settembre? La prima coincideva con il grande buzz dei primi giorni della Mostra del Cinema, dove la maison Prada ha riconfermato il suo sostegno (stavolta con dei corti nelle sezioni più artistiche del festival per cui ad un certo orario lo spirito degli interventi si è mescolato tanto con gli ospiti illustri che la collezionista e stilista Miuccia Prada ha invitato).


Prima dell’avvento delle superstar, gli artisti di Simonetti distribuivano piogge di frasi su biglietti di carta che il pubblico raccoglieva copiosamente, si scambiava o conservava. Alcune brevi azioni trovavano posto negli angoli più remoti della corte così come nei punti più affollati dalle presenze. E’ con i concerti ed in particolare con il Fluxus dinner che il progetto di Simonetti è stato chiaro, evidente, completamente rivelato. Per esserci bastava riservare la propria “presenza” e sperare di essere stati registrati. L’alone misterico ha difatti circondato le performance sin dalla presentazione al pubblico della mostra: una volta entrati, non veniva distribuito altro che il calendario delle prossime. Quindi, siamo stati sin da subito coinvolti sullo stage: nessuna rete di protezione o cordone salva spazio, la dimensione orizzontale e inclusiva audience/performer è stato il messaggio più forte ed anche il carattere più estetico degli appuntamenti. Al Fluxus Dinner mi è capitato, casualmente di sedere accanto a Franca Coin (The Venice International Foundation), a Giancarlo e Diana Santalmassi e ho condiviso tanti interessi con Aud e Anda, due londoners attive sulla scena artistica e teatrale che vivono tra la capitale inglese e Venezia, così come con Frank O’Hallaren (irlandese di stanza alla Giudecca, è stato straordinario lettore delle Nothing Lecture di Cage declamate per tutta la durata della cena). La mia collega giapponese ha invece conosciuto un membro dell’ambasciata tedesca e alcuni collezionisti italiani. Grazie ai miei amici Ethel e Ugo Rossi (stilista di moda la prima, architetto il secondo, entrambi trevigiani), presenti in altro lato del grande tavolo a ferro di cavallo che accomodava tutti gli ospiti ed era di fronte allo stage di cucina dal vivo di Simonetti, ho invece conosciuto un sarto/stilista inglese, Anthony Knight, che vive a Venezia.


Simonetti, i cui libri in Italia sono editi da Derive e Approdi, non è nuovo ad un approccio alimentare nell’arte e in generale è interessato al lato “estetico” del cibo: tra i pochi esponenti del Situazionismo in Italia, era membro anche di Cramps/Multipla e ha ideato la rivista «La Gola». Nel contesto dei Fluxus event, mi è piaciuto soprattutto che la maggior parte delle persone coinvolte (molti erano quelli presenti a tutte le quattro azioni) era specialmente lì per godere del progetto e quindi ogni conversazione è stata assai pesata, espressa senza fagocitare o distrarre l’altro dalla forza e dalla bellezza delle azioni donate dagli artisti. Il cibo Fluxus era curato e cucinato da Simonetti e dai suoi assistenti, distribuito al tavolo dove ogni aspetto del dressing (scatolette di sottaceti e sottolio inclusi) era uniformato. Pane caldo, salse speziate (una al cioccolato fondente e pomodoro) che condivano i fagioli, piatto onnipresente al desco veneto e cipolle caramellate sono tra i cibi che mi è capitato di assaggiare.

Ho chiesto infine a Simonetti quale fosse la performance che avrebbe sempre voluto realizzare (al di fuori delle icone Fluxus come fatto per questi appuntamenti) nello stesso salone che ci stava ospitando. Lui, senza esitare: metterei da un capo una donna e dall’altro un uomo. Entrambi nudi, la donna srotola una garza infinita dalla sua vagina mentre l’uomo buca il pavimento. Per l’impossibilità di dire che il ruolo della donna è inadatto ed incompleto oggi, relegata in fondo, anche oltre, ad una ragionata e ragionevole soglia d’attenzione.