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Viaggio a Vals
Pura poesia. Vals è il silenzio, le terme vivificano tutte le voci secolari dei valligiani.
Venezia-Milano-Chiasso, il Ticino e poi via verso il cantone dei Graubünden, Grigioni, nella valle di Surselva. Un pezzo di Svizzera romanza, dal dialetto incomprensibile eppure simile tanto all’italiano e talvolta al portoghese, conquistata nei secoli ai costumi e ai fonemi tedeschi, ospita le terme che utilizzano un’acqua molto calcica, che sorge a 30°. E’ l’unico luogo in Svizzera ad avere una conformazione geologica tale che permetta che le sorgenti passino attraverso tre strati di pietra e giungano alle fonti delle acque minerali di Vals e alle terme ricchi di magnesio ed altri minerali, con ph 6.5. Ed è l’unico luogo in Svizzera ad avere un bagno termale dal XVI secolo. Inaccessibile alle grandi masse fino alla metà del 1800, quando una strada che lo collega a Chur (Coira, il capoluogo del cantone) viene costruita (e quando un farmacista le pubblicizza a un expo mondiale), Vals ha custodito il suo scrigno, le fonti (di Zervreilasee e poco più in basso), intatte solo per i suoi abitanti fino a quel tempo. Zumthor, poi Priztker Prize nel 2009 grazie proprio a questo progetto, viene chiamato – quando ancora il suo studio non aveva costruito molto – a occuparsi delle terme, che hanno una storia bizzarra, adatta però a ben definire i Walser, gli abitanti di questo luogo straordinario – incastonato tra macigni montuosi che scendono a picco su una valle contorta che gioca a nascondino con il sole. Zumthor, in qualche modo, ha costruito un’opera pubblica…
Un fallimento porta l’hotel diffuso in paese nelle mani della comunità nel 1983 (i Walser sono, oggi, più di mille anime). Il Comune proprietario decide di assegnare a Zumthor la costruzione delle terme (erette dal 1993 al 1996) al posto delle pre-esistenti datate 1960. Il proprietario delle Terme, dell’hotel (e principale azionista dell’acqua minerale Valser) oggi ha già deciso un allargamento della struttura ma non sarà Zumthor ad occuparsene (per circa 30 voti, la comunità ha votato contro di lui, pare fomentata dai proprietari della cava dello gneiss, principale quarzite di cui è costruita la struttura). La moglie di Zumthor, Annalisa, è stata direttrice dell’Hotel Therme dal 1999. In uno dei borghi più deliziosi di Vals (precisamente a Leis, dove c’è un ristorante, Ganni, da visitare e provare nelle giornate di sole), vi sono due case di legno disegnate da Zumthor: la coppia sembra torni spesso qui. Dall’hotel, vi è un sentiero a piedi per Leis tra gli abeti e uno per le slitte (oltre che per gli sci). Soprattutto se si sceglie l’abetaia, viene rivelata in pieno l’edificazione - senza alcuna tensione con tutto il resto. Armonici, nascosti, quasi invisibili, 60.000 blocchi di pietra locale sbucano dal bosco in forma di parallelepipedo.
Basta aneddotica, ora il sogno: arrivare a Vals, specie se nevica, è straordinario. Ci sono circa 30 chilometri di tornanti con livelli da mozzare il fiato e prima del paese circa 8 chilometri di strade non solo ripide, ma strette. Il paesaggio è straniante, totalizza ogni energia e lo sarà ogni minuto in cui lo vivrete, al di fuori dallo scrigno ed insieme sarcofago sonante che sono le terme. Aperte dalle 7 alle 11 tutti i giorni solo per gli ospiti dell’hotel (e tre notti a settimana per il bagno notturno in silenzio dalle 23 alla mezzanotte e mezza), avvolgono il corpo e la mente in un monolite di suono. Vals è il silenzio, mentre le terme vivificano tutte le voci secolari dei valligiani e della valle grazie a echi, riverberi dei gorgogli d’acqua e, in un caso, ad un’opera sonica. Persino nella sauna (che fa parte della vecchia pianta termale, non è rinnovata da Zumthor ma è fantastica nella sua austerità anni 60) vi è una installazione sonora, sintetica e meno sofisticata di quelle prodotte naturalmente dall’uso nelle vasche, ma bella uguale. Entrare alle terme, respirare il suono imperioso della pietra, assecondare il corpo a vivere dentro e a bere la stessa acqua è un’esperienza assoluta e unica. L’acqua nasce sempre al livello dell’ultimo gradino in ogni vasca: ogni contatto con essa è mediato solo dal piacere e dalla fretta o dalla calma di entrarvi.
La pietra massaggia con il suo suono e con le esperienze tattili dei piedi e del corpo con cui viene frequentemente a contatto. Non vi è momento, zona, anfratto che non sia scolpito dal suono, dal silenzio trattenuto durante la notte, dal sole dalle stelle o dalla neve, da una luce attentamente modulata sui diversi gradi di temperatura a cui le vasche offrono le abluzioni.
La Indoor Pool, una grande vasca centrale – con illuminazione zenitale blu - agisce a mo’ di tiepidarium (30 gradi): se vuota è una capiente concert hall che ospita il pubblico sui quattro gruppi di gradini. Accanto ad essa si svolge tutto il paradiso creato da Zumthor, che cita più di ogni altro Vitruvio nel libro che accompagna il progetto delle terme e che rivela il funzionamento in ogni più piccolo dettaglio. Schioccare la lingua, battere le mani o ridere qui fa propagare, accelerato e amplificato, ognuno di questi suoni nel resto della struttura (meno nelle saune e nella vasca di pietra, a pochi passi dalla Indoor Pool: una sinuosa, suonante a sua volta e tombale iacuzzi dove perdersi senza quasi un goccio di luce).
Tutte le altre vasche si ergono a partire dalla Indoor Pool, ciascuno con il suo box di pietra grigia, sofisticatamente tagliata secondo una griglia pre-composta dall’architetto. Che ha scelto di far sorgere le terme in mezzo all’hotel (se si dorme nelle Temporary o nella House Selva, si esce in accappatoio dalla camera e si arriva alle vasche senza fare un metro all’esterno) come se fossero una cava di pietra. Un monolite con poche, studiate aperture ed un tetto fatto d’erba alta.
Una vasca di petali di margherite gialle (profumata con olio di lavanda) è forse il luogo più romantico e da preferire nei bagni notturni, in cui, importante ricordarlo per capire quanto è magico, vige l’assoluta richiesta di silenzio.
Il Kaltbad (14°) si confronta, letteralmente sta di fronte, al Fire Bath (45°). In mezzo la possibilità di riposare al buio in una piccola stanza musicale, oppure lasciarsi andare sulle chaise-longues davanti alla vetrata o su quelle, claustrofobiche, poste in una stanza tutta chiusa con sole quattro finestre piccole davanti al viso di chi è sdraiato. Od ancora, andare nella piscina all’aperto: passando dal corridoio d’acqua oppure uscendo fuori, con i piedi nella neve. Di giorno ma ancora di più di notte. Per nuotare piano sotto le stelle, oppure sotto i fiocchi delicati; per farsi massaggiare il collo e le spalle da tre getti d’acqua. Semplicemente stare fuori, lasciandosi cullare da 36° e dolcissimi getti subacquei che massaggiano le gambe e i piedi quando si è sui bordi della vasca. La piscina esterna incornicia i monti circostanti con delle aperture che permettono la privacy più totale anche se le prime case sono a meno di 20 metri. Una cortina di vapore rende i momenti passati lì ancor più segreti, senza tempo e straordinari.
Bere nelle terme è possibile in ogni angolo da pipeline ferrose che conducono l’acqua in geometrie precise dalle pareti sul pavimento (riproducendo i motivi di giunzione delle casseformi di cemento appoggiate e non fuse sui corpi di quarzo che costituiscono le pareti). Ma c’è una stanza dedicata al bere – le terme stimolano tanta sete - che ricorda un impervio maso di montagna. Un grande getto può essere raccolto da tazze di metallo tutte allegate a una balaustra che ricorda anche un po’ il ponte di una nave. Il basamento della vasca di raccolta sprofonda nel livello inferiore (dove si trovano le sale massaggi e terapie). La dominante di questa stanza è bronzeo-carmina ed è l’unico luogo in cui le pietre sono appoggiate l’una sull’altra e non incastrate.
Gli unici luoghi ad utilizzare pietra estranea alla valle sono i bagni di vapore (due sezioni: una nudi e una in costume): qui le panche sono parallelepipedi extralarge realizzati in Nero Assoluto, marmo italiano. Tre cave semi-buie, una dentro l’altra divise da una tenda di plastica che sembra pelle, a mano a mano guidano l’ascesa verso gli 85° dell’ultima.
Cosa mi è piaciuto di più? Il suono, l’enorme mole di suono che mi ha depurata insieme all’incessante ritmo dell’acqua sulla pietra e su di me che è poi il loop infinito da cui ogni riverbero nasce. E soprattutto mi ha depurata, in accoppiata al suono, una visione, accaduta su’ per un sentiero dopo la diga di Zerfreila (a due ore e mezza di cammino, spettacolare, da Gadastatt, la stazione della funivia). Esattamente dove si trova la Kapelle, ci sono due panchine che danno sul lago che costituisce la riserva d’acqua, la nascita di tutto. La visione, oltre che la straordinaria vallata, è stata il silenzio assoluto. Da quella prospettiva, il silenzio assoluto restituisce, intatto e gigantesco, tutto il senso della vita se lo si è perso o se la fatica lo ha seppellito sotto coltri di scorie.