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56ma Biennale Musica a Venezia: una preview e le nostre recensioni day by day
Fino al 13 ottobre a Venezia tre straordinari ed imperdibili appuntamenti al giorno, tra concerti e installazioni sonore, video e teatrali: è di scena la 56.ma Biennale di Musica, curata da Ivan Fedele (musicista e filosofo di origine pugliese): 51 anteprime di cui 28 prime esecuzioni assolute. Noi seguiremo +EXTREME- questo il titolo della Biennale, che sottolinea gli orientamenti estremi nella musica contemporanea e le pratiche dell’eccesso che Fedele ha voluto riassumere e day by day pubblicheremo le recensioni dei concerti a cui siamo stati accreditati, per cui continuate a leggerci. E a rileggere soprattutto questo post.
Radio 3 trasmette in diretta radio (ascoltabile anche da www.rai.tv) molti dei più ghiotti appuntamenti in programma (sono tutti segnalati sul programma della Biennale e sui cataloghi distribuiti gratuitamente nelle sedi delle performance).
Sul sito della Biennale, nella sezione Quarto Palcoscenico, a conclusione della rassegna, saranno pubblicati molti dei podcast dei concerti: quelli di Ensemble Intercontemporain, Beneventi/ FVG Mitteleuropa Orchestra, Antony Braxton. Inoltre, verranno pubblicati vari video inerenti il Festival, da video interviste con gli autori agli incontri con Boulez e Bedrossian e Cendo.
La Biennale di Musica è la più longeva tra tutte dopo la Biennale Arte (che noi seguiamo, e di cui scriviamo, dal 2003 insieme ad Architettura e da quest’anno anche insieme alla Mostra del Cinema: trovate una selezione dei post nella sezione blog). Leone d’oro 2012 è Pierre Boulez [video], quello d’argento il Quartetto Prometeo. La maggior parte dei compositori invitati è vivente, alcuni anche nati dopo il 1975, come ad esempio Raphaël Cendo, esponente del “saturazionismo”. Tanti, tantissimi tra di essi sono transitati dal celebre IRCAM oppure sono stati allievi di Luigi Nono e molti di essi hanno completato importanti masterclass nel nostro paese e sono tanti gli italiani che recensiremo nei prossimi giorni. Numerosi sono anche i concerti gratuiti (tra Conservatorio e Fondazione Cini) oppure le riduzioni per studenti e le formule di abbonamento per assistere ad una giornata di concerti o a tutto il programma (alcune sezioni, come il Giardino Sonoro ubicato alle Tese alle Vergini all’interno dell’Arsenale sono gratuite anche per i possessori di un biglietto della Biennale di Architettura, attualmente in corso).
Domenica 7 ottobre, nella splendida Sala delle Colonne di Ca’ Giustinian, l’headquarter di Fondazione La Biennale a due passi da Piazza San Marco e dall’Harry’s bar, abbiamo assistito al primo concerto, quello del Quartetto Daniel. Nato nel 1991 a Bruxelles, il Quartetto Daniel, famoso per le sue interpretazioni di Shostakovich, di cui ha inciso l’integrale quartettistica, ha scelto autori viventi e del secolo scorso, oppure morti da poco come Yannis Xenakis, Pascal Dusapin, Karen Tanaka, Anton Webern.
Ergma (Yannis Xenakis, 1994, 9’) ha una dote rara: un pezzo di 9 minuti che ha tanta musica dentro da sembrare eterno. E’ cacofonia ricomposta e orchestrata divinamente.
Il quartetto n.4 (Pascal Dusapin, 1997, 14’) cattura il limite (rumorista) della nota, lo shakera e lo fa contrappuntare rabbiosamente dagli esecutori, che quasi se lo contendono. I rimbalzi dei loro fraseggi creano un concerto quasi alla Berio ma meno severo e più matematico. Questo quartetto è quasi grattugiato, è un alveare di riverberi, composti e poi esplosi. Ma contiene anche riflessioni, introspezioni in cui predominano bassi e brevi e impercettibili silenzi.
Con le composizioni di Antoni Webern (Cinque Movimenti per quartetto d’archi, op. 5, 1909, 8’; Langsamer Satz, 1905, 9’; Sei Bagatelle, 1910-13, 3’30’’) si entra nel vivo del programma del Quartetto Daniel. I Cinque Movimenti abbondano in percuotimenti, pizzicamenti, contrapposti all’ampiezza della voluta della strofa. Più classico dei precedenti pezzi in programma, l’insieme dei cinque pezzi è bello ma e più straordinario il secondo ed il quarto movimento, tutti impostati sul levare e sulla mollezza. Quest’opera di Webern è drammaticamente romantica ed organica. Sembra sia stata saccheggiata a man bassa da migliaia di interludi cinematografici. Sei Bagatelle è un’intensa collezione d’istanti in musica, così veloci da essere appena uditi.
Metal String della compositrice enfant prodige giapponese Karen Tanaka (1996, 8’) è imperiale, militare, dura come un ritmo industriale (forti le influenze elettroniche e di metal rock come dichiara la biografia della compositrice, altra allieva dell’IRCAM come metà degli autori invitati a questa Biennale). Metal String precipita e risale, assomiglia – se il paragone vi rende l’idea – a una drum machine per archi (implacabile tessitore della climax è stato soprattutto il violoncello Guy Daniel).
Non poteva che chiudere ancora Xenakis con Tetras (1983, 15’). Psichedelico, ambientale, complesso e ricco di spunti sonori eterogenei e discordanti (l’anima di percussionista di Xenakis è evidente in questo pezzo: il secondo violino è la viola battono spesso il ritomo sulla cassa dello strumento). Pur non arrivando all’esasperazione rumorista, anche qui le corde degli strumenti raggiungono ogni possibile tensione e non vi sarà difficile, se chiudete gli occhi, percepire porte che si aprono, immaginare voi precipitare da scale di Escher, il verde blu dell’infinito, il fischio dei vecchi treni o dei piroscafi d’oltremare ed il lungo battere d’ali degli addii. Vi sentirete, a tratti, fare un viaggio in ottovolante tra varie epoche della storia occidentale - dal proto-romanticismo fino all’esistenzialismo.
Tra le performance a filo tra arte e musica, abbiamo ascoltato e visto all’opera Simone Beneventi con One4 di John Cage (fittissimo il programma di replice delle sue opere). Una pallina di metallo, alcune ciotole di diverso materiale, una tanica arrugginita, un filo di nylon e uno scatolo per il caffè in grani sono stati alcuni degli strumenti che il musicista e compositore italiano ha usato per rispettare il dettame di Cage. Suonare con qualsiasi strumento 8 colpi con la mano destra e otto con la sinistra. L’ultimo è stato dato ad un piccolo tamburo.
Fra le orchestre presenti al Festival, sempre domenica 7 ottobre al Teatro alle Tese dell’Arsenale, subito dopo la performance da Cage, abbiamo ascoltato la FVG Mitteleuropa Orchestra, già presente nelle edizioni degli ultimi anni. Straordinaria la prima esecuzione italiana di Fachwerk di Sofija Gubajdulina, una delle massime compositrici emerse dall’ex Unione Sovietica, con il suo stile frammentato e interpuntato da sonorità etniche, come quelle del bayan, di origini russe, considerato una versione avanzata della fisarmonica classica (elettrificata come una chitarra, a tratti dava l’impressione di lavorare come un synth, soprattutto per come veniva suonata da Germano Scurti. Altra prima esecuzione della serata è il concerto Initial della compositrice polacca Bettina Skrzypcak che è salita sul palco a condividere il gradimento del pubblico. Lieve e tenace contrappunto tra pezzi d’orchestra, è una composizione del 2005 di straordinaria forza.
Concerto per pianoforte e orchestra di Cage, altro brano in programma, è un pezzo da manuale dell’indeterminatezza cageana: oltre alla tecnica compositiva basata sull'uso dell'I-Ching, l’esecuzione prevede di concordare con il direttore (che alla prima fu un coreografo, Merce Cunningham) il tempo musicale e una durata complessiva che comprenda l’azione di ogni musicista, destinatari di 13 parti indipendenti più una per il pianista. "Durante l'esecuzione il pianista può suonare ad una velocità qualsiasi, un qualsiasi numero di fogli, secondo un ordine altrettanto indeterminato, totalmente o parzialmente a piacere"(H.-K. Metzger). Le percussioni in questo brano sono tutto e soprattutto quanto l’orchestra riesce a mettere di suo: frequenti sono i momenti in cui fiati, archi e tutti quelli provvisti di una cassa, abbiano avuto a percuotere gli strumenti per fare anche loro parte della partitura delle percussioni, oppure usare i piedi per dare il ritmo richiesto.
Ha chiuso il programma di domenica 7 ottobre l’anteprima assoluta AOïR del compositore franco-argentino José Luis Campana, commissionato dallo Stato francese e dedicato ad una serie rara di lucertole. Sembra raccontare delle luci smorzate dei fiumi nei luoghi collinari, con guizzi improvvisi e altrettanti nascondimenti.
L'8 ottobre grandi protagonisti gli italiani Alter Ego che in passato hanno messo insieme compositori minimali come Glass, Kancheli, Hosokawa, Saariaho, Sciarrino a rapper (Frankie HI-NRG), cantanti, interpreti, artisti elettronici (Robin Rimbaud alias Scanner, Marco Passarani) e visivi (come D-Fuse). Nel programma alla Biennale una sezione dedicata [video] ad Alvin Lucier - fondatore con Robert Ashley, David Behrman e Gordon Mumma della Sonic Arts Union negli anni ’60 - che, in persona, ha fatto uno dei suoi pezzi più noti e paradigmatici, I’m sitting in a room, esempio di “minimal tape music” (ha letto un breve speech che è stato ricampionato fino a annegare nel puro ritmo); a seguire l'ensemble ha suonato Three translations for Maurizio Mochetti, Fidelio Trio in prima assoluta per violino, violoncello, flauto, clarinetto, pianoforte. Il programma ha proseguito con una straordinaria scelta: Tristan Perich, che compone musica con un unico bit, e quella di Sean Friar fatta di grande “massimalismo”. I giovani musicisti di Alter Ego vengono dalla free improvisation, dal noise, dal black metal, blues, rock, hard-core punk, ma scrivono anche per ensemble di diversa origine, classica e non, mentre la loro musica viene eseguita nei Festival Bang On A Can, Gaudeamus Muziekweek, Ars Electronica, Sonar, e in spazi quali Lincoln Center, Carnagie Hall, Whitney Museum.
Il curatore del festival ha sottolineato con un’importante quanto sua unica presenza, l’apertura di un intenso programma (tra prime esecuzioni e pezzi scritti quest’anno) dedicato agli 80 anni del compositore e intellettuale della musica Giacomo Manzoni, presente in sala ad ascoltare l’introduzione di Fedele (fu Leone d’oro alla carriera nel 2007). Il 12 ottobre dalle 18 al Teatro Piccolo Arsenale l’ensemble Risognanze di Tito Ceccherini: bellissima la prima esecuzione assoluta di Per questo (duetto di voce e tromba) ma straordinarie anche le Alla Terra, Opus 75, Liriche di Élouard e Frase 2b, accompagnate da due novità assolute di altri due compositori Giovanni Verrando e Alessandro Melchiorre. Questa data è stata realizzata in collaborazione tra la Biennale e Mi/To, festival musicale colto e brand condiviso tra le due capitali del nord-Italia, la straordinaria (per il design) Torino e la meno brillante (almeno di questi tempi) Milano, che ora distano solo poco più di un’ora con l’alta velocità.
L’Orchestra Sinfonica della Radio di Stoccarda nella stessa sera al Teatro alle Tese ha presentato l’ ultima composizione, del giovane compositore Christhope Bertrand (morto a 29 anni) intitolata Okhtor e prima italiana: il titolo è il cognome dell’artista Mark Rothko al contrario. Diretto da Michel Tabachnik, che nella sua importante carriera ha collaborato con Berio, Stockhausen, Ligeti, Meassiaen ed era interprete favorito di Xenakis, il concerto ha anche offerto un classico come La mer di Claude Debussy, la prima italiana di Le cri de Mohim, Premier tableau de la Legende de Haïsh, dello stesso Tabachnick e Concerto di Rune Glerup.
Il Festival è terminato ieri, sabato 13 ottobre (la Biennale ha informato che il pubblico è aumentato del 61% rispetto alla scorsa edizione e che circa 1000 sono stati gli studenti aderenti a speciali progetti di educazione): aspetterò con molto interesse di scoprire il programma della prossima Biennale di Musica, che cadrà nel 2014. Come concludere al meglio questo post? Invitandovi nuovamente a Quarto Palcoscenico, l’archivio di video e podcast di alcune delle performance appena vissute
http://www.labiennale.org/it/mediacenter/quarto_palcoscenico/