Alla galleria Suzy Shammah di Milano è allestita la personale del fotografo tedesco Michael Schmidt: un intenso gruppo di immagini scattate intorno al vecchio muro di Berlino nell’autunno/inverno degli anni 1989-90 ed estratte oggi dall’archivio dell’artista (sono state pubblicate anche nel volume, in tedesco ed inglese, intitolato 89/90 in occasione di un’estesa retrospettiva dell’artista all’Haus der Kunst a Monaco).
Tutte in bianco e nero, le foto raccontano di una Berlino reale, del suo stato sospeso, del suo rapporto con il Muro e della vita attorno e accanto ad esso. Non è un’elegia od uno sterile amarcord del passato: Schmidt, assolutamente aderente alla grande fotografia di catalogazione tedesca che annovera esponenti quali August Sander, Bernd&Hilla Becher, Hans-Peter Feldmann (che hanno poi insegnato alle “nuove leve” Hoefer, Gursky, Struth), legge il paesaggio, specialmente senza popolo, e quel che resta della memoria del passato in rapporto alla sua, od alle sue, evoluzioni. Sebbene in una posizione neutra e soave, sembra che indaghi, e qui e lì scovi indizi, per inquadrare anche germi del futuro.
Schmidt ritrae di tutto: non solo architetture o pezzi di essi – le foto più intense sono macroscopie della fragilità della storia che sembrano venire all’occhio dell’artista in tutta la loro nudità. A parte un campo ghiacciato e colto nella sua più ferma immagine (è l’unica foto di grande formato della mostra) qui e lì campeggiano resti di vestigia (un’uniforme arrampicata sulle macerie della storia) oppure la riappropriazione della natura (uno degli scatti più forti in mostra è un muro per metà invaso dall’edera, visto da vicino).
Secondo la gallerista: “I margini dell’inquadratura, nella maggior parte dei casi, non sono interpretati come cornice che delimita un universo concluso e autosufficiente, ma come confini porosi in costante relazione con ciò che sta attorno. Tendenza evidente anche nel meticoloso allestimento che, attraverso la giustapposizione delle immagini, genera ogni volta nuovi orizzonti di senso utili a rendere conto della fitta e intricata trama del reale.”
Ogni scatto è di sicuro una potente storia e tutti insieme identificano una sommessa semantica per parlare di storia e di attualità: sebbene tutti gli scatti siano degli anni 89/90 e non in posa, la scelta compositiva di Schmidt parla strenuamente di nodi sociali tutti contemporanei (dispersione alternata a coesione di scopo, anomia), rimasti ancora tutti presenti a Berlino. E non solo.
IMMAGINI
1 Michael Schmidt. Untitled (from Landschaft), 2007. Gelatin silver print. 74,5 x 99,1 cm. Ed. di 5. Courtesy Galleria Suzy Shammah, Milano
2 Michael Schmidt. Untitled (from 89/90), 1989-90/2009. Gelatin Silver-Bromide print, toned gold on baryte paper. 39,8 x 31,5 cm. Ed. di 4. Courtesy Galleria Suzy Shammah, Milano