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One Artist, One Material, 55 interviste ad artisti innamorati di un materiale
sei capitoli per raccontare una storia di una fortunata rubrica di Frame Magazine
Se leggete regolarmente un magazine di design, interior, architettura e arte olandese (il bimestrale Frame, pubblicato dal 1997), non troverete sorprese continuando la lettura di questa recensione, ma se non lo leggete allora continuate a leggerci perché vi regaliamo qualcosa di utile e giocoso al tempo stesso per le vostre ispirazioni.
55 artisti si raccontano - con interviste dirette ed accurate - attraverso il loro materiale d’elezione in un libro pubblicato da Frame e intitolato One Artist, One Material, che è appunto una selezione di interviste pubblicate dal 2007 nella famosa rubrica che rea lo stesso nome.
Diviso in sei capitoli, il libro raccoglie storie straordinarie di un amore profondo e di ricerca spesso lunga tutta una vita su un solo materiale.
‘I soggetti delle nostre storie sono entusiasti al punto da diventare monomaniaci per un materiale, fino a passare ore ed ore su Ebay a cercare mobili vintage (come Michael Samuels) o dietro a un microscopio a preparare diatomee che sono alghe invisibili all’occhio umano (come Klaus Kemp), oppure a disegnare enormi pattern transitori sulla sabbia o sulla neve (come Jim Denevan e Simone Beck). La semplicità di un materiale spesso non mostra relazioni con la complessità che esprime nelle mani del suo creatore. Ad esempio le piume di gazza sono arrangiate in diluvi spaziali spesso disturbanti da Kate MccGwire; palloni bianchi sono usati ancora ed ancora da Charles Pétillon per farci mettere in discussione la percezione della vita quotidiana (…) La pressione sui budget e soprattutto la crescente consapevolezza della sostenibilità ha condotto designer ed artisti a guardare i materiali con occhio nuovo spesso scegliendo il riciclo, la fabbricazione a mano, che diventa sempre più popolare e rilevante. Questo libro contiene anche le tendenze a cui soggiaciono tutti questi materiali prescelti’
Quali sono questi materiali. Ve ne raccontiamo alcuni dei 55.
Una serie di essi sono usuali - dal vetro, all’acqua per esempio - e altri lo sono meno, come animali morti e software open-source oppure foto e polistirolo che sono usati da un artista coreano (Gwong Osang) che crea i suoi autoritratti giganti con una tecnica che differisce da quelle di altri che fanno operazioni simili di auto-riproduzione.
Daniera ter Haar e Christoph Brach (Raw Colour Project) usano estratti di frutti per creare colori naturali e ci sono arrivati per caso, mentre lavoravano a una mostra nel 2007 dove si trovarono a combattere con il colore di una rapa rossa e pertanto si inventarono un estrattore di colore.
‘Il colore viene di solito evitato perché è veramente una affermazione potente. Molto spesso la gente sceglie il bianco perché li fa stare più sicuri. Noi invece vediamo il colore come un avanzamento (…) Le nostre provenienze professionali e la nostra vita insieme - siamo una coppia nella vita e nel lavoro - ci ha portati, piano piano, a condividere una passione per i colori.'
Potrebbe sembrare il colore, del pari, la materia principale per l’artista Liz West ma invece la sua fonte principale di creatività - e la materia da forgiare nel suo caso - è la luce.
West ha dichiarato di ispirarsi a James Turrrell ed Olafur Eliasson: disegna esperimenti spaziali in cui alcuni colori dominanti (attivati dalla luce) circondano e avvolgono letteralmente i visitaortir in una esperienza inclusiva e molto intelligente di percezione.
Simili ad ondate di marea o a chiazze oleose, le installazioni di migliaia di piume d’uccello firmate da Kate MccGwire invadono e conquistano gli spazi con un elemento cruciale e vivido di irrequietezza.
Tutte le interviste del libro hanno uno schema molto diretto di domande, semplice ma pratico e non viene mai dimenticata quella sulle difficoltà o sui problemi incontrati nelle sperimentazioni, spesso ci sono anche piccoli accenni alla vita privata e alle aspirazioni accanto alle ispirazioni che hanno mosso l’artista scelto.
La scelta di vita di concentrarsi su un solo materiale in questo libro include anche la vegetazione e la frutta, è la materia di un ex chef giapponese -Takaya, 1975 - che ha iniziato questo percorso con un progetto fotografico: ritrarre persone con ‘parrucche’ vegetali ovviamente temporanee che lui assembla variamente sulla testa dei modelli. Il suo lavoro fotografico lo ha portato alla notorietà e lo ha fatto spesso lavorare come stilista in ogni campo, moda inclusa ovviamente.
Quando lo chiamano un fiorista non obietta ma aggiunge una definizione - hanayuishi - che aggiunge anche il significato di make up artist a quello di fiorista ed artista visivo.
La sua storia ci racconta anche come ha fatto ad iniziare questo percorso: in realtà un giorno lui ha avuto una visione e poi ha deciso di realizzarla cercando una modella e costruendo la ‘parrucca’ vegetale. Quando gli domandano cosa vorrà fare in futuro (e la domanda è spesso presente nelle interviste), risponde che vorrebbe diventare un designer.
One Artist, One Material
Frame Publishers
Lingua inglese / Autori vari
200 x 265 mm /348 pagine / full colour /
ISBN 978-94-92311-27-6
€29