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Basilea e oltre: temi primari tra arte, teatro, design e collezioni
data: 17-06-2015
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Intervista a Nicola Toffolini
Inventore di mondidata: 24-04-2011
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Donne senza uomini.
Installazione multimediale di Shirin Neshatdata: 01-03-2011
Dramma circo contemporaneo, da Re Lear a Natascha Kampush passando per il Brasile di oggi
Biennale Teatro, Venezia: 10 spettacoli, 17 laboratori con 9 piece, 4 grandi compagnie in residenza
Che Biennale Teatro firma Rigola alla sua ultima ‘direzione artistica’? Forse, forse la più variegata, che mischia quasi tutti i generi – circo incluso. E soprattutto si concentra a seguire un solco che vede l’istituzione veneziana mettere serissime ipoteche sulla terraferma, Marghera in particolare. Si era già visto con la Biennale Architettura con una mostra a cura di Stefano Recalcati (Arup) al Forte Marghera, ma Rigola fa le cose in grande ed ‘apre’ proprio la sua ultima Biennale a Marghera (Vega, Parco Scientifico e Tecnologico) e lo fa proprio con il ‘noveau cirque’: la prima italiana Bestias martedì 26 luglio (repliche 27 e 28 luglio, ore 21.00) de il Baro d'Evel Cirk (sconti per famiglie).
Classici rivisitati e Biennnale College (con illustri nomi come ‘maestri) quest’anno la fanno da padrona – e un tuffo nel teatro sperimentale americano con un omaggio a Bob Wilson di Anne Bogart (4 agosto, Teatro alle Tese, ore 20.00). Prima di dare un’occhiata e consigliare alcuni spettacoli, i numeri di questa edizione: 10 spettacoli, 17 laboratori, di cui 9 avranno un esito aperto al pubblico, al pari delle residenze di 4 compagnie, che apriranno il loro percorso agli spettatori; 18, infine, gli incontri in programma con tutti gli artisti partecipanti al Festival (tutti gli incontri sono gratuiti ed aperti al pubblico, segnaliamo l’incontro con Toni Servillo, il grande attore italiano di teatro e cinema - che è stato recentemente in Veneto con Le voci di dentro - il 27 luglio alle 16 al Teatro Piccolo all’Arsenale).
Uno dei classici che ci incuriosisce molto viene dall’Est europeo. Lo firma Jan Klata, regista e drammaturgo (Stary Teatr di Cracovia: il teatro di Kantor, Grotowski, Wajda e Lupa), con il suo personalissimo modo di mixare scene e luci, voci e ambienti: è un Re Lear (6 agosto ore 20, 120’, lo stesso giorno alle 16 il regista incontra il pubblico).
L’altro mette in scena Cechov secondo Christiane Jatahy, (9 agosto, Teatro alle Tese, ore 18.30 e 21.00) con Tre sorelle ambientato nel Brasile contemporaneo ed arricchito anche di una regia video live.
Molto ricchi i temi che non riprendono i classici ma i nostri tempi, come un feroce caso di prigionia (l’austriaca Natascha Kampusch) e di assassinii (Bastian Bosse giovane omicida e poi suicida) che ispira Le chagrin d'ogre di Fabrice Murgia scritto quando aveva 25 anni (13 agosto, Teatro alle Tese, ore 20.00).
Ed anche casi come i risvegli dal coma, portato in scena dal Leone d'argento di questa edizione del Festival, Valeria Raimondi ed Enrico Castellani di Babilonia Teatri. Si tratta di Pinocchio, riproposto alla Biennale, dove protagonisti sono i non-attori dell'Associazione "Gli amici di Luca", che hanno vissuto esperienze di coma e ne portano i segni nel fisico e nello spirito. (11 agosto, Teatro alle Tese, ore 20.00).
I laboratori di College, oltre 300 i partecipanti selezionati tra una migliaia di curriculum, sono 17 e da essi saranno messe in scena 9 brevi performance che si intrecceranno agli spettacoli del Festival.
Roger Bernat, Pascal Rambert, Stefan Kaegi, Jan Klata, Fabrice Murgia condurranno ognuno laboratori "verso la creazione"; Declan Donnellan, Leone d’oro alla carriera di questa edizione, Oskaras Koršunovas, Anne Bogart, Willem Dafoe terranno laboratori destinati al lavoro sull'attore e la recitazione; la compagnia Baro d'evel introdurrà ai linguaggi del circo; Romeo Castellucci (che porta in scena uno spettacolo nato da un laboratorio di una Biennale College Teatro del 2013, struggente, il 3 agosto alle Tese) e Christiane Jatahy saranno i maestri dei due laboratori destinati alla regia; Martin Crimp, Simon Stephens, Mark Ravenhill, con tre laboratori di drammaturgia; a loro si affianca quello di Eva-Maria Voigtländer, di stanza al Burgtheater di Vienna, che introdurrà la figura squisitamente tedesca del dramaturg.
Quattro importanti compagnie saranno in residenza a Venezia per elaborare la prima fase di nuove opere e mostreranno al pubblico l'esito del loro lavoro. Oltre al già citato Toni Servillo ed ai Teatri Uniti che presenteranno Verso Elvira, primi passi verso la realizzazione di Elvire Jouvet 40 di Brigitte Jaques, Daniela Francesconi dei Motus, che per il loro venticinquesimo compleanno hanno ideato Raf-fiche sull’impossibilità di riallestire Splendid’s di Jean Genet, a distanza di quattordici anni dalla loro “storica” interpretazione, con un cast di sole donne. Infine Angelica Liddell e Atra Bilis Teatro, di cui si vedranno le prime fasi di No tengas miedo. Ven (Non avere paura. Vieni), sull’eterno conflitto tra materia e spirito, citando in lontananza ”l’oceano demoniaco di Solaris”, lo storico film di Trakovskij e “il massacro per telecinesi di Carrie” di Stephen King-Brian De Palma: il nostro magazine letterario Slow Words People and Stories from this World ha intervistato Angelica Liddell in spagnolo, inglese ed italiano e ha dedicato un numero speciale del settimanale in inglese (ed italiano) alla Biennale Teatro.
La prima settimana convince decisamente
Al giro di boa di questa prima settimana, la Biennale Teatro convince. E convince perché, dopo le annualità che Rigola ha speso per far conoscere al pubblico italiano (ed ai turisti veneziani e di Biennale) un solido numero di autori, drammaturghi e registi, se ne coglie il senso. E, ovviamente, si legge anche quanto produce una scuola estiva che permette agli studenti, con una spesa davvero contenuta (quando non gratuiti), di frequentare laboratori dove passare un numero considerevole di ore a fare pratica e, quasi sempre, andare in scena.
Grandi, sperticate lodi del pubblico (di ogni età, soprattutto adulti e senza figli) dello spettacolo circense di Baro d’Evel Cirk. E commosso, alle lacrime, il discorso del Leone d’Oro alla Carriera (Declan Donnellan, che sabato 13 agosto incontra il pubblico insieme a Mark Ravenhill, ad ingresso gratuito, per le conferenze pomeridiane - ogni giorno - ore 16 Teatro Piccolo Arsenale).
Donnellan ha fatto un discorso assai politico e affatto soltanto teatrale. Ha parlato di empatia e simpatia e di come la Brexit lo abbia scosso nel profondo e di quanto il teatro debba occuparsi di riscatto sociale. Per limitare la caduta libera in cui siamo avvolti, in ogni tipo di società, dobbiamo essere più empatici e provare meno simpatia – un sentimento od una qualità umana che, secondo il prolifico autore e regista, tende ad escludere chi non lo è o non la ha.
Tornando al teatro, c’è una forte adozione e scelta del teatro di parola in questo festival. E la predilezione per scenografie straordinariamente semplici per quanto siano in realtà sofisticate, soprattutto dal lato della creazione delle luci. E sicuramente Bob di Anne Bogart (applausi convinti e calorosi dopo 90 minuti di lucida performance di Will Bond) ne è la summa. Una incredibile valanga di parole – tutte pronunciate da Bob Wilson e rimasticate Jocelyn Clarke che ci costruisce un dramma del nonsense a tratti incredibilmente comico soprattutto per chi conosce l’opera di Wilson – viene usata come mantra e come ‘livella’ di una magistrale interpretazione (fisica e psicologica) del protagonista che fa conoscere una regista ed un metodo teatrale (la Bogart con la sua SITI) che al contrario di Bob Wilson non avevo mai visto e ‘esperito’.
La luce per Bob è uno spartiacque fisico e mnemonico, il verde è il colore usato per i tableau delle citazioni, un giallo ocra per lo scavo interiore e una cornucopia di colori per le parti più vivaci. Firmata da Mimi Jordan e Brian H Scott, è tra le migliori viste nella prima settimana.
Servillo non mi emoziona molto nello ‘studio’ che ha condotto con i suoi allievi del laboratorio e residenza creativa della sua compagnia (Teatri Uniti) che è stato il primo ad andare in scena. Lui ha detto che non vuole essere (e non sa come essere) maestro, sia durante la conferenza pomeridiana dedicata ai protagonist di questa Biennale Teatro, sia prima di iniziare ad approfondire Elvira, (Elvire Jouvet 40, di Brigitte Jacques) in scena con ‘la prima prova in piedi’ con i suoi studenti. Sicuramente però ha suscitato molta attenzione nel pubblico e tanti applausi. Oltre che curiosità per andare a vedere lo spettacolo in prima assoluta, totalmente dedicato alla natura del teatro e dell’essere attori, che debutta a ottobre al Piccolo di Milano.
Tra le conferenze più esilaranti e brillanti della prima settimana, un duetto fatto di battute (e di affermazioni molto serie sulla scrittura teatrale e sul come ‘insegnarla’) a cura di Stefan Kaegi e Simon Stephens. Se il secondo ha tenuto un laboratorio di scrittura che non prevedeva un ‘output’ pubblico, il primo (fondatore di Rimini Protokoll con Helgard Haug e Daniel Wetzel, Leone d’Argento alla Biennale Teatro 2011) ha invece portato i suoi corsisti nella sezione Open Doors della Biennale Teatro 2016, a lavorare in maniera inedita (e convincente) senza alcuna scenografia (se non gli spettatori stessi) alle Sale Apollinee (tutte, scale comprese) del Teatro La Fenice.
Gli spettatori (numerosissimi) erano accolti da solerti addetti che distribuivano cuffie e li dividevano in gruppi, senza spiegare molto di più. La piece è stata di fattura totalmente documentaria e basata sugli ultimi fatti di cronaca, per lo più giudiziaria, di Venezia: dal Mosè, alla corruzione, alla speculazione e alla distruzione di territorio – dalle navi da crociera ai flussi turistici insostenibili per una città come quella lagunare - fino ad eventi più storicizzati come l’incendio della Fenice e l’acqua granda del 1966.
A seconda se parte di ‘urbanism’, acqua, logistics, e via dicendo, si era coinvolti in azioni che prevedevano lo spostamento da una parte all’altra di tutta la superficie del piano delle Apollinee. Ogni gruppo, seguendo un ordine geografico ed insieme marziale, si ‘trasfondeva’ nell’altro e l’incontro di ciascuno dei gruppi (composti sempre da uno o due attori ed il pubblico che li seguiva, li ascoltava obbedendo ai pià svariati comandi: dal trasporto di travi di un ponte, alla navigazione delle ‘isole veneziane’ costituite in realtà da altri spettatori sdraiati sul pavimento e parte di un gruppo di real estates cinesi che illustravano la replica delle Sale costruita ‘uguale’ a Shangai, alla partecipazione di una visita allo stabile che era pronto per essere lottizzato, fino all’ascolto delle news in diretta prodotte nella stessa sala dello spettacolo da altri due attori) rendeva credibile la ‘storia’ di e su Venezia creata dallo spettacolo.
Un viaggio complesso e preciso, non solo nella reportistica ma sulla quasi incredibile attuazione di una gigantesca, ed amara, menzogna che politici e altri portatori di interesse hanno costruito attorno a Venezia e e che continuano a raccontarci senza che stampa e cittadini si indignino fino in fondo. Mentre, un workshop rigoroso di poche ore ha trasformato in teatro-verità e ha presentato in maniera convincente al suo pubblico.
Uno dei partecipanti – che nella scena ha la parte dell’agente immobiliare che tenta di vendere agli spettatori le Sale Apollinee e promette la pià ampia libertà nel costruire partizioni interne per farle diventare mini appartamenti per turisti – ci ha spiegato che la riuscita ed il successo, in così breve tempo, di uno spettacolo così denso sia dal punto di vista di raccolta dati sia dal punto di vista di orchestrazione è data tutta da Kaegi che è arrivato con idee molto chiare e file excel ben strutturati dove ciascuno dei partecipanti aveva le variazioni delle proprie azioni strutturate … ‘a trenta secondi’ !
La prossima settimana, che vede due performance del Leone d’Argento di questa edizione (Babilonia Teatri con Amici di Luca in Pinocchio l’11 agosto alle 20; il loro laboratorio con gli studenti il 14 agosto alle 20.30, in chiusura di festival), si registra densa soprattutto per una maratona teatrale ad opera di Christiane Jatay (la drammaturga brasiliana in residenza al 104 di Parigi, tra gli altri) che ci consegna un Cechov spalmato in due ‘momenti’ di 90 minuti ciascuno il 9 agosto; Angelica Liddell presenta il suo spettacolo Open Doors il 12 agosto mentre Fabrice Murgia riscrive i suoi ‘casi’ con Le Chagrin de Orges il 13 agosto ore 20.
Per coloro i quali, invece, conoscono Willem Defoe solo per gli Oscar e per i suoi ruoli da attore cinematografico icona inossidabile da oltre 30 anni per registi molto diversi per età e per provenienza – tra gli ultimissimi Grand Budapest Hotel e Nymphomaniac – e non per la sua compagnia di teatro (e tutta l’altra sua vita, compresa moglie italiana e casa anche a Roma), l’attore sarà a colloquio con il pubblico al Piccolo Arsenale giovedì 11 agosto alle 16.
Gran finale
Con una schioppettante sequela di conversazioni pomeridiane e una serie, altrettanto convincente, di drammi nel roster teatrale, l'ultima settimana della Biennale Teatro firmata Alex Rigola si può considerare positiva come la prima - anche sondando i pareri del pubblico che si sceglieva le sue peice favorite e gli altri appuntamenti di questa densa settimana appena conclusasi.
L'acclamato creatore di teatro Mark Ravenhill ha duettato in un talk con Declan Donnellan, Leone d'Oro 2016 in quello che forse è stato il più interessante momento di conversazione pubblico di questa edizione. Entrambi si sono dichiarati 'rifugiati culturali' e richiedenti asilo in Europa dopo la Brexit della loro 'Grande Clinton' (la parafrasi di Gran Bretagna è di Donnellan). Se 'la natura segue l'arte', secondo quanto disse Oscar Wilde - una citazione che è tornata spesso in varie salse in queste conversazioni - secondo Ravenhill la 'produzione d'ottimismo' va di pari passo, in quanto a dominare i plot, come quella della disperazione nell'industria teatrale dell'oggi. Ma lui sempra ancora amare quella che chiama genuina possibilità del teatro dove - anche secondo quanto detto durante la sua conversazione con il pubblico da Willem Dafoe che ha riempito totalmente il teatro - puoi congiurare mentre nel cinema 'puoi catturare'.
Come ogni ospite intervenuto ai talk ed intervistato, a tutti - e quindi anche a Ravenhill, Donnellan e di certo Dafoe - è stato variamente chiesto cosa significasse fare l'attore e che tipo di attori loro preferissero da registi e che tipo di ruoli e come li sceglievano (da attori). A noi è piaciuta la risposta semplice di Dafoe più di altre: gli attori 'dovrebbero andare verso quelli che gli piacciono di più così che troveranno la loro strada ed il loro successo'.
Ritornando al dramma recitato, si registrano circa 10 minuti di applausi per Babilonia Teatri ed il loro Pinocchio in collaborazione con Gli Amici di Luca dove tre attori non professionisti ingaggiano una gag comica con una voce fuori campo che li interroga variamente sulla loro vita insieme allo svolgersi della favola di Pinocchio. Il pubblico è in delirio proprio quando, in un batter d'ali, il registro cambia da super comico al nero dramma in un solo secondo. Ed è così anche dopo oltre 120 repliche come raccontato dagli attori molto orgogliosi del successo raccolto, mentre firmavano autografi del libro dei risvegli dal coma prodotto dall'Associazione Amici di Luca.
Il giovane regista svizzero (di origini immigrate) Fabrice Murgia chiude la lunga serie di anteprime di questo festival (in questo caso italiana) con una favola amara: Le Chagrin des Ogres,basata sulle adolescenze difficili a causa di bullismo e differenti livelli di isolamento (dalle famiglie e dai coetanei). Solo abbozzando i ritratti di 'famosi' adolescenti - un serial killer ed una giovane austriaca rapita - il regista in qualche modo compie il percorso opposto di Kiegi: creare una rapsodia dal reale per evidenziarne disfunzioni - come diversità e tragedia - e quelle reazioni ad esse della società. Con un sound design fantastico (firmato da Maxime Claude) e con un design video perfetto e dal grande apporto tecnologico (la parte migliore dello spettacolo, disegnata da Jean-François Ravagnan non senza l'apporto fondamentale delle luci, disegnate da Manu Savini), la piece funziona dal lato tecnico (contrariamente a quanto ha fatto Jatahy con la sua, fatta di una riduzione video e una teatrale) ma potrebbe non funzionare dal punto di vista della durata che se mantenuta a questi livelli, è a tutto detrimento del climax della tragedia - ovviamente la parte migliore della storia - che risulta diluita dalla prolissità delle sequenze.