Incontro con Giovanna Massoni: svelata la nuova edizione di Reciprocity design liège

Dal 1 Ottobre al 1 Novembre in Belgio, dal mondo

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24-07-2015
categorie: Design, Architettura, Non profit,

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Incontro con Giovanna Massoni: svelata la nuova edizione di Reciprocity design liège

Dal 1 Ottobre al 1 Novembre in Belgio, dal mondo

Dal primo Ottobre al primo Novembre, quest'anno Liegi (Belgio) ospita la nuova – triennale – edizione di RECIPROCITY che, più che l’ennesimo festival di design, si occupa di ricerca ed è un progetto territoriale attivo più a lungo del mese di eventi – coinvolgendo una pluralità di portatori di interesse, dal pubblico al locale all’internazionale. Ne scopriamo qualcosa in più intervistando l’attuale direttore artistico, Giovanna Massoni.

 

Il Belgio è un piccolo paese molto dedicato al pensiero-design in qualsiasi ramo produttivo – dall’industria ai servizi, dalla moda alla componentistica fino al cibo, all’amministrazione del patrimonio vincolato etc. Molti anni fa questo tipo di percezione del paese in senso “design oriented” era molto più tipica verso l’Olanda, ma i tanti investimenti sul design hanno reso chiaro, sulla scena internazionale, che il Belgio è affatto secondo ai Paesi Bassi, e possibilmente è affatto secondo ad altri paesi rilevanti per questo tipo di industria…


Ricordando altri importanti appuntamenti dove promuovete il valore e l’importanza del design made in Belgio (ad esempio al Salone di Milano) in quali altri podi del design le istituzioni belga si manifestano per promuovere il design come sistema-paese?


Queste domande non sono prioritarie per quest’edizione di RECIPROCITY design liège ma grazie ai dieci anni spesi, in passato, per la promozione del design belga, cerco di dare una risposta coerente.

Penso che il design belga, così come la cultura belga in generale, sia quello che è grazie ad un’influenza transnazionale ed alla trasmissione di know how da Francia, Germania, Olanda e anche dall’Italia (i progetti dei designers di questo paese sono prevalentemente prodotti da compagnie italiane).

La Vallonia è parte integrale del Belgio, culla della rivoluzione industriale avvenuta nel continente europeo il secolo scorso; il suo ruolo è stato ed è ancora quello di accelerare la ricerca e lo sviluppo dell’industria locale e nazionale. Negli ultimi dieci anni le politiche regionali si sono situate all’avanguardia in alcuni settori, come il recycling management, l’information technology ed il design. Oggi, questa “parte altra” del paese non è certamente la più ricca ma è ancora espressione di un carattere storicamente visionario e pragmatico, assai orientato anche ad aspetti sociali e ambientali dello sviluppo economico.

Il design thinking da solo non porta da nessuna parte e rischia di diventare soltanto una pratica professionale per le strategie di marketing e gli specialisti di trend. Ripensare il design, mettersi in discussione mentre si produce, cambiare obiettivi e processi – questo è più importante nell’attuale situazione, a livello globale. Il Belgio, e la Vallonia in particolare, sono assai responsivi. Nascono migliaia di iniziative locali e le comunità open source – così come l’innovazione sociale – avanzano velocemente.


Se questo cambiamento ‘in nome del design’ si rifletterà sul design di prodotti od arredi?

Direi certamente di sì, per il meglio. Se questo cambio influenzerà negativamente l’economia della design industry oppure la ignorerà? No, assolutamente. Credo fermamente che il ruolo del design (sia esso prodotto, servizio o sistema) deve seguire l’orientamento della massa critica che va verso una società più viabile e più resiliente. E deve adottare concezioni, produzioni e distribuzioni più significative.


Ritornando alle sue domande: penso sia tempo di promuovere e facilitare incontri, scambi e relazioni umane più che prodotti “nazionali”. Importiamo beni da certi luoghi e esportiamo beni in altri paesi. Ma dove sono le persone che li producono o che li usano?


L’economia globale è organizzata, direi, come un sistema politico e finanziario. Cosa quindi hanno a che fare la cultura, il patrimonio, la diversità e la conoscenza, l’eccellenza e la legittimazione locale? In Belgio, un vero e proprio sistema nazionale del design non è mai esistito e non esisterà mai. Ho talmente perseverato a costruirlo che forse son riuscita a creare una sorta di ‘quadro nazionale’ del design belga all’estero. Ma oggi ho imparato a fare senza e quindi ho finalmente compreso i suoi effetti positivi: il management frammentato del Belgio, l’assenza di una forte identità industriale nel settore, hanno sviluppato, quasi, un’autarchia che è l’ingrediente più importante per assicurarci la libertà creativa.


Da un appuntamento biennale ad uno triennale. Quali altre novità del festival di design Reciprocity ci può anticipare, sotto la sua direzione artistica? A proposito di partner e di budget nuovi?


La nuova cadenza triennale non dipende dalla direzione artistica! D’altro canto, nonostante la difficoltà di comunicazione e di visibilità che questo cambio potrà rappresentare, penso che possa anche aiutare a capire meglio il festival nelle sue intenzioni più profonde: essere un laboratorio in divenire più che un evento. Ecco perché non è semplice rispondere alla domanda sul budget: il supporto finanziario del nostro partner principale, Province of Liege / Culture, e della Regione dei Valloni, la provincial di Limburg, la Wallonia-Brussels Federation (partner 2015) è stato utilizzato per investimenti in  una serie di progetti tra la prima edizione (2012) e quella attuale.

La modifica più interessante che dal festival scaturisce è un punto di domanda: sul design e sul ruolo dei designer. Come continuare a promuovere arredi e prodotti di “design” se la filosofia che ha generato questo settore sta completamente scomparendo….In molti casi, il design è qualcosa a cui oggi molti designer si opposero durante il modernismo ed il Bauhaus (peraltro, dove si origina quel pensiero che oggi chiamiamo design): arte applicata esclusiva e costosa.

Con Clio Brzakala (Wallonie Design) e con Paul-Emile Mottard (assessore alla cultura della Provincia di Liegi e fondatore della Design Biennial), abbiamo deciso di ampliare la ricerca ed i tradizionali campi di interesse del design. Le scuole sono state cruciali per questo. Ma anche i cittadini ed i decisori politici. Il nostro scopo era includere altri campi di ricerca. Per orientare il linguaggio (del design), il processo e le metodologie verso la società cercando di creare altri obiettivi per giovani designer oltre al solito - di progettare un’altra sedia. E abbiamo voluto anche programmare seminari, incontri, proiezioni di film, tavole rotonde insieme ad un programma puramente espositivo. Il cambiamento è prima di tutto culturale.


Ci può dire di più sul come le mostre declinano il tema di questa edizione (Social Design), specialmente “Welcome To” e quella che lei cura (The Taste of Change) peraltro dedicato al tema di World Expo 2015 (al Padiglione Belga avete promosso RECIPROCITY con un eccellente roster di attività)?


Il design per l’innovazione sociale è un nostro costante orientamento, più che essere un tema. Dal 2012 abbiamo deciso di non avere un tema centrale ma differenti argomenti portati da ciascun curatore invitato. Welcome to_ è nato nel 2012 e non si è ancora esaurito. Alcuni advisor che si occupano di design per l’innovazione sociale sin da allora hanno sviluppato una ricerca con le scuole di design della Euregio Meuse-Rhine in due aree: Saint-Gilles (Liegi) e Trasenster in Seraing (dove sorgeva la fabbrica della Arcelor Mittal). Entrambe sono state scelte perché sono aree in condizione sociale critica. Il lavoro di esperti e studenti insieme agli abitanti mira a sviluppare progetti che aumentano la coesione sociale, l’identità ed il senso di partecipazione. Welcome to_ indaga il ruolo del design nel creare e portare cambiamenti positivi nelle comunità locali.

Su The Taste of Change: abbiamo deciso di entrare nel dibattito generale lanciato da Expo Milano (senza risultati invero eccitanti).

Abbiamo inviato una call internazionale a scuole studenti e designer (di ogni settore: prodotto, grafica, interiors, servizi per l’architettura, design dei servizi, design per l’innovazione sociale). Abbiamo chiesto di ripensare il pasto (accessori e luoghi deputati); la cottura e la conservazione dei cibi fino a sviluppare progetti, sistemi e servizi di produzione e distribuzione di cibo. Ma anche di riflettere e collegarsi alle tradizioni culinarie, alla qualità degli ingredienti, alla diversità biologica e culturale.

Da circa 200 application, sono stati selezionati 59 prodotti progetti e servizi grazie al lavoro di un comitato di professionisti: saranno in mostra in una delle nostre quattro esibizioni principali durante la Triennale di Liegi 2015. E quattro saranno i premi della giuria internazionale.

Abbiamo affrontato diversi temi. La diversità culturale è stato forse il segno più incoraggiante emerso da questo tipo di candidature, ci conferma il grande interesse sul tema cibo. Abbiamo selezionato linguaggio visivo, storytelling, analisi e sistemi g-local; varie metodologie tecnologiche (dalle più naïf alle più raffinate) hanno caratterizzato prototipi, progetti pilota, application, film, ricerche e processi, design industriale, prodotti in 3D, servizi e artefatti…da paesi come Cina, Ungheria, Estonia, Canada, Australia, Belgio, Olanda, Austria, Francia, Germania, Italia, Messico, Colombia, Indonesia.

Il design per noi è un mezzo: per ampliare la nostra conoscenza e le pratiche a disposizione, per creare ponti e generare punti di vista critici e impatto sociale iniziando dal grado zero sia se coinvolgiamo studenti sia se coinvolgiamo professionisti: questo è lo spirito che anima The Taste of Change.